Italia e Brasile uniti nel jazz
Concerto straordinario di Bollani e De Holanda a favore dell'ANT
Recensione
jazz
Ci si potrebbe forse domandare perché puntare su uno spazio capiente come un palazzo dello sport, sia pure utilizzato a metà, per organizzare un concerto di beneficenza, isolato e pomeridiano. Lo si può capire subito se si considera che in questo caso l’appuntamento, a favore dell’ANT, vedeva sul palco un duo paritario di virtuosi, veri animali da palcoscenico, come Stefano Bollani e Hamilton De Holanda: il loro ben rodato sodalizio, anche documentato in un fortunato cd edito nel 2013 dalla Ecm, è capace di prove smaliziate e trascinanti.
Nell’acustica più che accettabile del Paladozza, il pubblico è stato irretito e condotto per mano da momenti evocativi e cullanti verso situazioni dinamiche, estrose, danzanti. Dopo un paio di interpretazioni stringate e compassate, quasi d’assaggio, il loro dialogo si è andato scaldando man mano che si sono dilatati gli spazi di un’improvvisazione simbiotica. In un repertorio prevalentemente brasiliano, basato sui classici di Chico Buarque De Hollanda, Pixinguinha e altri, si sono inseriti un ironico original di Bollani, “Il barbone di Siviglia”, e hit della canzone italiana: “Guarda che luna” (in cui, a differenza di altre occasioni, il pianista non ha parodiato Paolo Conte col canto), dapprima sofferto e languido poi più turbolento, “E la chiamano estate”, sognante e armonicamente audace, dedicato a Renato Sellani recentemente scomparso… Fra i bis, immancabile e sublime “Oblivion” di Piazzolla.
Il tutto è stato unificato da un approccio jazzistico che ha apportato swing, enfasi, eccentricità armoniche e dinamiche, e soprattutto un rapporto di istantaneo, empatico interplay. Si è perseguito quindi un vitale incrocio fra culture, tutte ugualmente irrinunciabili, mescolando le carte con tecnica sfrenata, comunicativa diretta, buon gusto e consapevolezza.
Interpreti: Stefano Bollani, pianoforte; Hamilton De Holanda, bandolim
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