Il TOdays 2022 in 10 istantanee
Il festival torinese TOdays 2022 tra delusioni, rivelazioni, conferme e problemi di look
Una fotografia in dieci istantanee del TOdays 2022. Che forse è stata l’edizione più controversa del festival torinese, anche se fondamentalmente si può ritenere un grande successo che ha fatto divertire migliaia di persone.
– Leggi anche: TOdays 2021, come fare festival dopo il lockdown
1. Drumming
Un festival si può giudicare anche dai dettagli, e fra i mille momenti particolari ci piace ricordare il formidabile batterista di Hurray for the Riff Raff, che nelle prime 4, 5 canzoni del set ha dato un mood strambo e inaspettato alle canzoni della bravissima Alynda Segarra, quasi fosse una versione in acido della St. Vincent più new wave. Per il seguito il sound si è decisamente normalizzato e ha perso qualcosa in originalità, ma la prima parte del concerto è da ricordare tra i momenti più interessanti della rassegna.
2. Cappellini
Siamo un po’ fuori tema e non abbiamo ambizioni di fare sociologia della moda, ma il dato di fatto è che tra cappellini a visiera, bermuda e magliette dozzinali non si sono mai visti gruppi così malvestiti in un festival. Ok, fa caldo, però questi outfit così ordinari e piatti, che forse vorrebbero far sentire il pubblico idealmente più vicino all’artista, trasmettono spesso un senso di trasandatezza e in qualche modo anche di poco rispetto per gli ascoltatori. Poi va beh, se il live funziona si perdona tutto…
3. Pioggia
In un’estate di siccità in cui praticamente non s’è mai vista una precipitazione seria da mesi, per la prima volta nella storia del TOdays ha fatto la comparsa la pioggia: due gocce ininfluenti in chiusura ai Primal Scream, mentre invece buona parte del concerto dei Molchat Doma si è svolto sotto l’acqua. Niente di troppo grave, e non al punto di impedire alla stragrande maggioranza del pubblico di sfidare le condizioni atmosferiche, ma abbastanza per farci riflettere sul fatto che il successo di un festival è strettamente legato agli umori degli dèi della meteorologia. Che per fortuna questa volta sono stati clementi.
4. Musicteller
Tra i tanti eventi collaterali pomeridiani del TOdays, che sono stati mediamente molto interessanti e purtroppo penalizzati da orari non felicissimi, va menzionato sicuramente lo spettacolo di Federico Sacchi, musicteller certificato che racconta storie non comuni di artisti poco noti che hanno lasciato un segno importante nella storia della musica. Questa volta è toccato a Jackie DeShannon, Bobbie Gentry e Laura Nyro, tre cantautrici americane che ciascuna a modo suo hanno avuto un ruolo importante nell’evoluzione del pop odierno. Bravura, professionalità e soprattutto passione sono un marchio di fabbrica per Sacchi, e questo è uno degli spettacoli migliori che abbia mai allestito.
5. Automazione
Prima serata: arriva l’headliner Tash Sultana e in perfetta solitudine inizia a suonare la chitarra per un pubblico già in adorazione. Fa partire il riff sulla loop station e imbraccia il basso. Fa partire il riff sulla loop station e si siede alla tastiera. Fa partire il giro sulla loop station e va alla batteria. Fa partire il pattern ritmico sulla loop station e canta. Ecco, al di là dell’originalità di questo approccio questo è un perfetto esempio di come l’automazione elimini i posti di lavoro, anche tra i musicisti! Che poi questa modalità funzioni, restano alcuni dubbi: una canzone non è proprio uguale a una torre di mattoncini lego, diciamolo. Infatti quando è arrivata la band le cose sono andate leggermente meglio. Leggermente. A tratti un po’ Trash Sultana.
6. Alla Cura dell’Est
Il gruppo bielorusso dei Molchat Doma è per certi versi un mistero indecifrabile. Il cantante sembra un cosplayer di Nick Cave, e passi, ma quel che colpisce è il sound, una clonazione perfetta dei Cure, epoca 17 Seconds (a un certo punto citano perfino “A Forest” in una loro canzone). Fin qui tutto normale, gruppi derivativi ce ne sono tanti e per tutti i gusti. Meno normale è che i Doma abbiano un successo planetario, e soprattutto tra i giovanissimi. Possibile che un adolescente percepisca così intensamente il fascino della cold wave, oggi esattamente come 40 anni fa? Si direbbe quasi che i geni del gothic rock siano parte integrante del corredo genetico degli ascoltatori. Comunque registriamo il grande successo della band: mani alzate ed entusiasmo alle stelle malgrado il concerto funestato dalla pioggia.
7. Screambarazzo
Imbarazzo è il minimo che si possa dire in merito al concerto dei Primal Scream, che era stato annunciato come una riproposta integrale di Screamadelica, doveva essere il gran finale del festival, e si è invece rivelato un ordinario set di rock’n’roll con il gruppo a esibirsi nella loro versione meno convincente, quella in cui scimmiottano i Rolling Stones. Al di là dell’esito della performance in sé, che può essere anche piaciuta a certi fan (a nostro avviso piuttosto modesta, con pochi slanci e troppa retorica, e suonata non benissimo), fare solamente due pezzi invece di un album suona come una vera e propria presa in giro – e forse l’organizzazione deve qualche chiarimento, visto che sono arrivati fan da tutta Italia con aspettative ben diverse. Il costume a tema di Bobby Gillespie è stata un’effettiva concessione all’epopea screamadelica, ma sotto il vestito (quasi) niente.
8. Chitarre
Dopo due giornate in cui si è sentito in definitiva poco rock, la terza serata ha visto un ritorno salutare delle chitarre, ed è stata di gran lunga la più energica ed eccitante. Perfino gli Arab Strap hanno elettrificato e potenziato il loro sound, mentre non hanno sorpreso, ma neanche deluso, né i DIIV (una riedizione dello shoegaze storico di Swervedriver e Ride, ma molto efficace), né gli Yard Act (un po’ il "solito" post punk spigoloso e abrasivo, ma anche in questo caso di resa sicura). Va detto che il pubblico di questi gruppi comprende anche molti giovanissimi, a riprova che il suono delle chitarre è senza tempo.
9. Strategia
In questa edizione è apparsa in tutta la sua chiarezza la strategia organizzativa del TOdays, che è ammirevole. Pur volendo mantenere la sua identità di festival alternativo rivolto soprattutto al mondo indie, la scelta degli headliner delle prime due serate, Tash Sultana e FKJ, era sicuramente indirizzata a un pubblico diverso dal solito, quello fatto da giovani e giovanissimi che decretano il successo di un artista a forza di like e visualizzazioni su YouTube. Per il pubblico degli aficionados, composto in maggioranza da boomer, questi nomi dicono poco o nulla, e non fanno musica che possano apprezzare. Ma poco importa, poiché da una parte c’è una terza serata tutta per loro, e dall’altra è proprio intenzionale questa ricerca di un mix di target diversi. Anche e soprattutto per garantire un ricambio generazionale, che per il festival significa una durata nel lungo termine.
10. Calamarata
Per ultimo ci teniamo quello che è stato a nostro parere il concerto migliore del festival, quello degli Squid. Penalizzato da un orario non molto fortunato (il primo set della seconda giornata, alle 19), il gruppo è non di meno riuscito a creare un enorme entusiasmo, confermando tutto quanto di buono si era detto del loro disco d’esordio di un anno fa. Post punk ma non solo: canzoni ben modellate, un sound non banale, derive kraut-psichedeliche (con una parentesi "cosmica" di oltre dieci minuti), e un’energia dirompente al punto da riuscire a scatenare un pogo come non se ne vedevano da anni. Un gruppo giovanissimo che ha tutte le carte in regola per crescere ancora.
Quanto al TOdays, giovanissimo non è ormai più, ma il potenziale per diventare ancora meglio di quanto non sia oggi è rimasto intatto. Long live TOdays!
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