Il Brahms del Trio di Parma

Roma: al Teatro Argentina per l'Accademia Filarmonica Romana

Trio di Parma
Trio di Parma
Recensione
classica
Teatro Argentina, Roma
Trio di Parma
13 Febbraio 2025

Trentacinque anni insieme nella musica da camera sono un bel traguardo. Il Trio di Parma formazione tra le più longeve in Italia, torna sul palco del Teatro Argentina  di Roma per l’Accademia Filarmonica Romana con un concerto tutto brahmsiano. Un programma, i due trii op.8 e op.87, nel quale una formazione matura può dare il meglio di sé. La densità ma anche il calore brunito della musica di Brahms, la padronanza della forma, tutto questo consapevolmente i tre musicisti sanno trasmettere. Scriviamo ‘consapevolmente’ perché nelle note del programma di sala era pubblicata una rapida intervista a Enrico Bronzi, Alberto Miodini, Ivan Rabaglia curata da Valerio Sebastiani. Nella quale ognuno con poche parole descrive il proprio Brahms, cosa sente più affine, cosa più distante e cosa vuole far arrivare al pubblico. I diversi temperamenti emergono, ovvio, ma con una capacità di condivisione, di confronto, di ricerca comune che esprime la cifra del loro far musica. Detto, fatto. Ciò che si legge è anche ciò che si ascolta. Un amalgama invidiabile, una discrezione nel porgere e rimbalzare le frasi senza prevaricazioni e squilibri. Si inizia con il Trio op.87, composto nel 1882, il terzo nell’ordine di composizione. Non è tra i favoriti, non è un pezzo dal forte impatto. Piuttosto vi si ritrova il Brahms più introverso, alla ricerca di nuove soluzioni che si affermeranno con più forza nelle ultime sinfonie. L’equilibrio tra gli interpreti è esemplare, in passi anche molto diversi tra loro come le mirabili variazioni del secondo tempo e la lieve rapidità dello Scherzo, ad esempio. Il Trio op.8 che sembrerebbe cronologicamente un salto indietro, in realtà era stato ampiamente revisionato da Brahms nel 1889, dunque successivamente all’op.87. Sull’entità della revisione non si hanno certezze, ma l’alto grado di elaborazione e di autocritica che caratterizzava il compositore fa supporre che si sia trattato di modifiche non marginali. Lo slancio però è giovanile, l’impatto più diretto, l’affondo sul suono maggiore. E per i nostri interpreti non deve essere stato facile in un teatro pieno di velluti e di dimensioni ben maggiori di una sala da musica da camera ottocentesca ottenere sonorità adeguate ad una musica così densa. Pubblico in visibilio, due bis sostanziosi, lo Scherzo del Trio op.99 di Schubert e il secondo movimento del Trio op.110 di Schumann, per formare così una triade che ascende ai paradisi della musica da camera. Molti giovani, in parte aspiranti cameristi, terreno nel quale il Trio di Parma semina anche con successo per il bene di tutti noi. 

 

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

Cajkovskij alla Scala con la regia di Martone

classica

La Fondazione Haydn propone un nuovo allestimento di “Satyricon” di Bruno Maderna a Bolzano e Trento 

classica

Roberto Abbado dirige a Roma una bella edizione dell’opera di Donizetti