Giulio Cesare dall'Egitto a Francoforte
All’Oper Frankfurt l'opera di Georg Friedrich Händel con Lawrence Zazzo e Pretty Yende
Mancava da una decina di anni dalla scena dell’Oper Frankfurt il Giulio Cesare in Egitto di Georg Friedrich Händel, dopo l’archiviazione piuttosto frettolosa del fantasioso allestimento di Johannes Erath. Assai meno fantasioso è il nuovo allestimento firmato da Nadja Loschky con la collaborazione “concettuale” di Yvonne Gebauer (come da locandina) piuttosto tanto avaro di idee originali quanto generoso sui consueti cliché riproposti ormai senza nemmeno più convinzione ma molto distratta sulla direzione attoriale (a parte le consuete caricature, Tolomeo in testa). Ma tant’è. La scena di Etienne Pluss propone una successione di ambienti di colore neutro, con qualche elemento della Roma classica ma niente egizianerie, in lento movimento orizzontale, che è una delle poche trovate dello spettacolo, oltre a far vedere, chiuso in una teca di vetro, il cadavere seduto di Pompeo privato della testa (che invece “del gran Pompeo superba testa” sarebbe il “dono” di Tolomeo a Cesare).
Senza particolari distrazioni registiche, lo spazio se lo potrebbe prendere la musica, ma anche su quel fronte la nuova produzione dell’Oper Frankfurt riserva poche sorprese, nonostante la presenza di qualche presenza illustre accanto a una buona metà di cantanti dell’ensemble del teatro. Fra questi, Bianca Andrew è la migliore in campo con il suo fresco e scattante Sesto, reso con sensibile musicalità ma anche incisiva presenza scenica. Zanda Švēde invece è una Cornelia emotivamente partecipe ma piuttosto monocorde musicalmente. Gli altri sono Božidar Smiljanić, un Achilla fin troppo esuberante e per nulla aiutato da una regia che ne fa il ritratto di un ossesso, e Jarrett Porter, un Curio corretto. Le note dolenti arrivano con il Tolomeo di Nils Wanderer, già secondo premio al Concorso Operalia 2022, che calca fin troppo la mano sul tasto della farsa per il suo Tolomeo reso scenicamente con dubbio gusto ma anche sul piano vocale l’interprete è sgraziato e afflitto da una dizione, a esser generosi, ampiamente migliorabile. Una sorpresa, invece il giovane controtenore Iurii Iushkevich, un Nireno dai tratti marcatamente ermafroditi, che, malgrado il piccolo ruolo, sorprende per la luminosità del timbro e l’impegno scenico. Resta da dire dei due protagonisti, che sono Pretty Yende affronta con grande sicurezza tecnica il ruolo di Cleopatra ma solo con “Piangerò la sorte mia” il suo canto diventa finalmente (anche) espressione del cuore, e Lawrence Zazzo, non esattamente un debuttante nel ruolo di Giulio Cesare, ma ormai non in pieno controllo di un mezzo vocale che mostra più di un segno di usura e di approssimazione nella tecnica solo parzialmente compensati dalla musicalità del cantante.
Affidabile più che fantasioso l’accompagnamento orchestrale guidato dal Kappelmeister del teatro Simone Di Felice. Piacerebbe ascoltare più contrasti dinamici e tempi più mossi ma il direttore sembra preferire piuttosto la cura del colore orchestrale non evitando una certa monotonia nell’esecuzione.
Pubblico numeroso, qualche fuga agli intervalli, ma accoglienza calorosa nel complesso.
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