Fischi e applausi per Sansone e Dalila

GENOVA. In una Gaza distrutta dalla guerra, fra rottami di auto, marmitte e portiere, si consuma, al carlo Felice nello spettacolo inaugurale della stagione, la storia di Sansone e Dalila. L'opera di Saint-Saens, presentata in edizione originale con i sovratitoli in italiano, è stata diretta con buona verve da Michel Plasson, Discutibili le scelte registiche di Hugo de Ana che ha puntato su una visione postmoderna dello spettacolo. Il pubblico si è diviso, anche se hanno probabilmente prevalso gli applausi. Ottima il cast vocale dominato da Clifton Forbis, Sansone, e Dolora Zajick, Dalila.

Recensione
classica
Teatro Carlo Felice Genova
Camille Saint-Saëns
27 Novembre 2001
Applausi ma anche qualche fischio di disapprovazione, ieri sera, al Carlo Felice per lo spettacolo inaugurale della nuova stagione lirica. Assente dalle scene genovesi da venticinque anni, ha debuttato "Samson et Dalila" di Saint-Saens, con la direzione di Michel Plasson, la regia, le scene e i costumi di Hugo de Ana. I due artisti l'anno scorso avevano vissuto due esperienza alquanto diverse al Carlo Felice. Plasson era stato contestato proprio allo spettacolo inaugurale, una "Jerusalem" che aveva suscitato non poche perplessità. De Ana, invece, aveva trionfato nel giugno scorso con l'eccellente rilettura del "Don Carlos" verdiano. Dal "Samson et Dalila" è uscito meglio, a nostro parere, il direttore francese. "Samson et Dalila" rientra pienamente nel gusto esotico e sensuale di certo teatro francese di tardo Ottocento nel quale più che dalla drammaticità o dalla forte personalità dei protagonisti, si è attratti dalla raffinatezza melodica, dai preziosismi armonici, in un contesto orchestrale di estrema accuratezza. Qualità almeno in parte evidenziate nella edizione di martedì. Plasson ha infatti affrontato la partitura con buona verve espressiva, soprattutto nel secondo e terzo atto nei quali il suono è parso più controllato e duttile, dopo qualche eccesso di sonorità nel primo. Plasson è stato aiutato, nella buona resa musicale da un cast apparso in ottima forma. Clifton Forbis, voce bella e potente, è stato un Sansone autorevole. Dolora Zajick ha restituito una Dalila volitiva, possente nell'emissione. Bene anche Lado Ataneli (il sacerdote), Askar Abdrazakov (Abimelech) e il coro preparato da Ciro Visco. Hugo de Ana ha optato per una ambientazione postmoderna. In una Gaza devastata, gli ebrei tengono in mano rottami di auto, tubi, marmitte, portiere, resti, evidentemente di una civiltà allo sfascio. Non c'è il tempio, ma un incombente muro. C'è una opprimente parete metallica fatta di tante celle, una sorta di prigione. Non crollano le colonne che non esistono, ma un bagliore improvviso e accecante distrugge i filistei. In questo contesto anche le danze (la coreografia è di Leda Lojodice) procedono nervosamente a scatti, anche quando dovrebbero essere sensuali. Le scelte di De Ana possono essere condivise o meno (e il pubblico si è diviso nell'accoglienza finale). Certo in un'ambientazione così asettica, così lontana dallo spirito di Saint-Saens, la partitura perde ogni elemento di esotismo e di erotismo e stride con l'aspetto visivo al quale si adatterebbe meglio una colonna sonora a base di rock duro.

Note: nuovo all.

Interpreti: Zajick/Sebron, Storey/Forbis, Ataneli, Abdrazakov, Ferrari

Regia: Hugo De Ana

Scene: Hugo De Ana

Costumi: Hugo De Ana

Orchestra: Orchestra della Fondazione Teatro Carlo Felice

Direttore: Michel Plasson

Coro: Coro della Fondazione Teatro Carlo Felice

Maestro Coro: Ciro Visco

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