A Dresda l’Aida tutta musicale di Thielemann

La Semperoper presenta l’opera verdiana apprezzabile soprattutto sul piano musicale, disponibile in streaming per Arte in italiano

Aida (Foto Ludwig Olah)
Aida (Foto Ludwig Olah)
Recensione
classica
Dresden, Semperoper,
Aida
05 Marzo 2022 - 15 Gennaio 2023

C’è stato un tempo in cui Dresda era un avamposto verdiano in terra tedesca. Erano i tempi in cui il direttore d’orchestra Fritz Busch face vivere alla Semperoper una delle sue stagioni più felici con numerose creazioni di opere di Richard Strauss, Hindemith, Busoni e Weill, e la prima tedesca della Turandot di Puccini. Nel 1922, l’anno in cui assume l’incarico di direttore musicale del teatro, è sul podio per un Otello di Verdi destinato a fare storia: “L’atmosfera in teatro, la tensione tangibile sul palcoscenico e in orchestra di tutte le forze in campo, e poi la potenza elementare degli applausi. Tutto è stato una prova inequivocabile del potere di suggestione di una personalità artistica! Fritz Busch ha creato l’opera come dev’essere, dopo averla vissuta, e spazzato via tutti quelli al lavoro con lui, completamente assorbito dalla missione che si era prefissa”, scrisse il recensore della Sächsische Allgemeine Zeitung. Seguirono altre sue celebrate produzioni verdiane – fra queste La forza del destino nella versione tedesca di Franz Werfel, considerata uno dei vertici delle sue interpretazioni, e Un ballo in maschera a Berlino nel 1932 – che fecero rivalutare il valore del teatro musicale verdiano in Germania tanto da far parlare di un autentico “rinascimento verdiano”. Fu proprio con un’opera verdiana, Rigoletto, che si concluse nel 1933 la sua luminosa parabola artistica alla guida della Semperoper, obbligato a dimettersi dopo le infami contestazioni orchestrate dalla cellula nazista del capoluogo sassone, solo cinque settimane dopo l’ascesa al potere di Adolf Hitler.

Non è certo un tempio verdiano la Semperoper di oggi e non è certo ovvio associare Verdi all’attuale direttore musicale del teatro, Christian Thielemann, musicista profondamente legato alla tradizione romantica e post-romantica tedesca. Sono però sempre occasione di grande interesse le sue infrequenti ma significative incursioni nel mondo musicale verdiano specialmente a Dresda, come l’Otello nel 2017 (titolo già affrontato nei suoi anni bolognesi) e la Messa da Requiem nel 2019 e ora Aida, titolo mai affrontato finora dal direttore tedesco e disponibile in streaming nel sito di Arte in italiano in una registrazione realizzata lo scorso 13 marzo.

È principalmente la diversa prospettiva che porta Thielemann a rendere stimolante e lontana da ogni routine la lettura di questa Aida dalla sontuosa densità sinfonica nelle pagine più monumentali della partitura verdiana ma di finezza quasi cameristica nei numerosi passaggi di carattere intimista o nel breve preludio, dove la trasparente leggerezza degli archi acuti fanno inevitabilmente pensare alle prime note del Lohengrin. La sua è anche una lettura di grande equilibrio fra quelle due dimensioni – quella del Grand Opéra e quella intimistica – che convivono nella drammaturgia musicale di questa partitura verdiana, troppo spesso appiattita su muscolari letture infarcite di bestie esotiche e processioni di figuranti.

Complice l’impeccabile esecuzione musicale dell’eccezionale Staatskapelle sassone di Dresda, questa Aida tende a subordinare le voci o comunque a renderle parte di una visione musicale che le pone sullo stesso piano dell’orchestra. In tal senso, questo Verdi è poco figlio di una certa tradizione esecutiva soprattutto italiana. Sembra quasi un omaggio a quella tradizione la presenza di Francesco Meli, un Radames risolto soprattutto nel canto come l’espressiva Aida di Krassimira Stoyanova. Più focosi Oksana Volkova, una passionalissima Amneris, e Quinn Kelsey, un Amonasro particolarmente selvaggio. Di spessore anche le prove di Georg Zappenfeld come Ramfis e di Andreas Bauer Kanabas come re. Significativo l’apporto del solido Sinfoniechor rinforzato di Dresda.

Quello che fa davvero difetto nell spettacolo della Semperoper è soprattutto un’autentica regia, perché quella firmata da Katharina Thalbach non si discosta da triti cliché areniani pur senza disporre delle stesse masse e degli stessi mezzi a disposizione e tantomeno trova una sua dimensione poetica (mentre una lettura politica non è nemmeno sfiorata). Egizianerie al risparmio anche nelle scene dal segno piuttosto sobrio di Ezio Toffolutti, che firma anche i costumi intonati al genere ma senza eccessi. Stridono invece con la chiave scelta per la produzione le coreografie in chiave contemporanea di Christopher Tölle sostanzialmente estranee allo spettacolo.

Si parla molto di guerra in quest’opera verdiana ma della guerra, quella vera dei nostri giorni, non c’è davvero alcun riflesso nello spettacolo. All’omaggio alla resistenza degli ucraini, invece, provvedono Thielemann e l’orchestra, che intonano l’inno ucraino “Non è ancora morta la gloria dell’Ucraina, né la sua libertà” in apertura di serata con il pubblico in piedi.

Caldi applausi per tutti gli interpreti alla fine.

Dopo le recite di marzo, lo spettacolo torna in scena nel prossimo luglio a fine stagione e di nuovo in dicembre. Spettacolo registrato il 13 marzo 2022 alla Semperoper di Dresda.

 

 

 

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