Cronache da un festival appuntito

Reportage dallo Zanne di Catania

Recensione
pop
Piccoli festival crescono, in Sicilia. Al consolidato Ypsigrock di Castelbuono (in agenda dal 6 al 9 agosto), divenuto frattanto maggiorenne, si è affiancato da tre anni Zanne, che già nell’intestazione – riferita alle propaggini in avorio del “liotru” di piazza del Duomo, simbolo della città – dichiara la propria fiera identità geografica: Catania. E ai fasti vissuti dalla scena locale (fra artisti covati in seno e concerti memorabili di forestieri “alternativi”), lontani ormai due decenni, pare vogliano ricollegarsi le intenzioni dei promotori, attenti a rappresentare molte sfumature della contemporaneità musicale.

Ad esempio sfidando l’ortodossia rock con la scelta di avere quale attrazione principale della terza serata (sabato 18) il britannico Kieran Hebden, alias Four Tet: uno dei produttori di sonorità elettroniche più audaci ed eleganti oggigiorno in circolazione. Intoppi tecnici a parte, il suo show è stato uno dei punti alti del festival, mostrando come a volte le derivazioni dai moduli techno – che in questo caso implicano pulsazioni jazz e afrori mediorientali – possano funzionare pure dal vivo.

A inaugurare il programma, giovedì 16, era stato invece il divertissement che vede associati Franz Ferdinand e Sparks. Distanti per appartenenza generazionale (i secondi potrebbero essere quasi genitori dei primi) e luoghi di nascita (Scozia e California, rispettivamente), trovano un luogo di conciliazione nell’attitudine glam che si manifesta sia nel materiale incluso nel recente album designato dall’acronimo FFS sia negli episodi tratti dai rispettivi repertori, interpretati coralmente con evidente e reciproca soddisfazione. È stato questo l’appuntamento più “pop” e partecipato dei quattro in calendario, quando all’opposto, la sera seguente, l’affollamento del parco Gioeni – sede dell’happening – ha toccato il nadir per salutare i sogni psichedelici un po’ appannati degli Spiritualized, capaci tuttora di sprazzi visionari ma sovente ostaggi della routine.



Fenomenale l’epilogo, viceversa, affidato al collettivo di Montréal Godspeed You! Black Emperor, che sul palco ancor più che su disco conferisce alle proprie suite un’imponente dimensione sinfonica, senza rinnegare affatto l’estrazione anarchica del suo “free rock”. Tra le seconde schiere, infine, meritano citazione i fragorosi newyorkesi A Place To Bury Strangers e i compassati canadesi Timber Timbre (band di culto assoluto presso il pubblico catanese, chissà mai perché…), ma soprattutto i cosmopoliti Peter Kernel, frullato di Svizzera, Canada e Messico che sfocia in una specie di versione sorridente dei Blonde Redhead (ospiti a Zanne giusto un anno fa).

Totale: circa diecimila spettatori complessivamente, con gli organizzatori che assicurano di aver raggiunto così il pareggio di bilancio, anche a dispetto del “pizzo” pagato in percentuale sui biglietti all’amministrazione pubblica, che non solo non eroga contributi ma pratica questa curiosa (e, a quant’è dato sapere, inedita nel resto d’Italia) forma di salasso.

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