Catone in Ferrara: un atto dovuto (ed uno perduto) 

Debutta al Teatro Comunale “Claudio Abbado” l’opera che Vivaldi avrebbe voluto rappresentare a Ferrara 300 anni fa (ma pervenutaci monca di un atto)

Catone in Utica (Foto Marco Caselli Nirmal)
Catone in Utica (Foto Marco Caselli Nirmal)
Recensione
classica
Teatro Comunale, Ferrara
Catone in Utica
17 Marzo 2023 - 19 Marzo 2023

Dopo il Farnace del 2021, prosegue l’interesse del Teatro Comunale di Ferrara verso i rapporti mancati fra Antonio Vivaldi e la città, affidando la realizzazione degli spettacoli al direttore Federico Maria Sardelli e al regista Marco Bellussi.

Come Farnace, anche Catone in Utica è un’opera che Vivaldi avrebbe voluto presentare a Ferrara senza però riuscirvi. Altra circostanza comune risiede nell’incompletezza testuale con cui ci sono pervenute sia la versione “ferrarese” di Farnace, priva del terzo atto, sia l’unico Catone vivaldiano oggi noto, mancante del primo. La cosa rende nondimeno le due partiture assai più fruibili ai nostri giorni, grazie a una durata scenica forzatamente ridotta rispetto agli standard integrali dell’epoca; e ciò senza dolorose amputazioni di arie e recitativi. Quell’apertura di sipario direttamente sul secondo atto del dramma metastasiano (ma preceduto qui dalla Sinfonia RV 131 per un ripristino del rituale avvio strumentale) finisce poi per rendere la serata quasi più filologica, con il pubblico odierno messo nelle stesse condizioni dello spettatore settecentesco che coglieva spesso l’opera “in corsa”, a spettacolo già iniziato, trovandosi a giungere in sala solo dopo aver espletato una serie di attività sociali collaterali.

Se all’epoca i più conoscevano (forse) le fabulae storico-mitologiche delle opere serie, sono pochi, oggi, coloro che verosimilmente ricordano dal liceo cosa opponesse Catone Uticense a Giulio Cesare: neppure quelli che il liceo lo stanno frequentando al momento, come la frotta di adolescenti che occupava disciplinatamente le ultime file di platea e che ancora nell’intervallo si chiedeva se Catone fosse «quello bianco» o «quello nero». C’è insomma in siffatti testi librettistici e nella loro intonazione musicale una sorta d’impenetrabilità che li rende ancor più magici e misteriosi, complici in primo luogo i tanto affascinanti quanto complessi versi metastasiani, già ardui in prima lettura quando scorsi lentamente con l’occhio sulla carta, decisamente ostici da decifrare se declamati rapidamente in musica. Il cervello viene così sequestrato dal flusso precipitoso delle parole proiettate sopra il boccascena, seguendone con maggior facilità il ritmo metrico di endecasillabi e settenari in libera alternanza che non la concatenazione sintattica e semantica della frase, cui s’aggiunge il suono incantatorio di clausole melodiche ataviche, modulazioni continue e cadenze ricorrenti a segnare il decorso musicale di recitativi secchi con perenne “parvenza del noto”. Giunge poi l’aria, dove tutto si ribalta: la parola si blocca, allora, girando su sé stessa; la musica esplode, bastando a sé stessa. Il musicologo avrà da ridire che è riduttiva una simile visione dell’opera seria settecentesca, studiandola a tavolino sulle partiture; lo spettatore conferma invece che la fruizione intermittente dell’epoca – e con facoltà di commentare ogni dettaglio col vicino senza tema di venirne zittito quale disturbatore – continuerebbe a non essere poi così inopportuna per questo tipo di spettacolo, passibile di venire “usato” anche come un qualunque Festival di Sanremo, con le sue decine di arie/canzoni piene di ritornelli e ripetizioni di melodie e parole, intercalate da più o meno estesi dialoghi connettivi.

L’approccio elegante e misurato, eppure fantasioso ma senza mai suonare eccessivo, sempre rispettosissimo del testo, che Sardelli applica non da oggi ai testi vivaldiani, dovrebbe essere un esempio di riferimento, e resta invece minoritario a fianco di operazioni censurabili come l’acclamato Tamerlano che nelle scorse settimane ha risuonato più volte fra i teatri emiliano-romagnoli limitrofi, dove a forza di taglia-e-cuci illegittimi lo “specialista” Dantone s’inventava per le arie forme e strutture che nessuno ha mai udito all’epoca di Vivaldi, il tutto in nome di una sedicente libertà artistica non-negabile all’interprete moderno (è di fatto la stessa illegittima libertà che pur presumono di potersi arrogare quasi tutti i moderni registi d’opera).

Evitato l’impiego del falsettista, che costituiva il punto debole del precedente Farnace, l’ottima Orchestra barocca “Accademia dello Spirito Santo” si trovava ad accompagnare sei cantanti – Valentino Buzza, Arianna Vendittelli, Miriam Albano, Valeria Girardello, Chiara Brunello, Valeria La Grotta – fra i quali è ben difficile stabilire una graduatoria di merito, attestandosi tutti su una buona professionalità, se non per sottolineare il colore di voce davvero speciale dei soprani Girardello (Marzia) e Vendittelli (Cesare), nonché del contralto Brunello (Fulvio), artiste per altro già ben note a chi segue questo repertorio.

L’allestimento di Marco Bellussi, con le funzionali scene geometriche di Matteo Paoletti Franzato e i costumi di Elisa Cobello davvero eleganti nella loro semplicità, alludeva a stilemi Neoclassici e Primo Impero che ben si sovrappongono alla reinventata romanità della vicenda. Regia dinamica quanto bastava a sottolineare l’azione, senza astrusità, controscene, allusioni, sovrainterpretazioni: ha peccato soltanto in un ingiustificato cambio di medium espressivo quando alla fine del primo atto – e lì soltanto – ha bruscamente virato per pochi minuti verso la proiezione di immagini simboliche, con l’unico risultato di distrarre inutilmente lo spettatore indotto a chiedersi il motivo di tale inatteso scarto stilistico.

Teatro purtroppo pieno a metà, con molte presenze venute da fuori. Simili spettacoli attirano infatti assai più un pubblico scelto e consapevole disperso per il mondo che non gli abbonati locali, se è vero che la visualizzazione della registrazione online, ceduta per la prima volta dal Comunale di Ferrara al canale in streaming Opera Vision, aveva già superato i 10.000 accessi dopo poche ore: https://operavision.eu/performance/catone-utica

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