Ad Anversa il raro The Indian Queen di Purcell
Ottima direzione di Emmanuelle Haïm, regia contemporanea di Guy Cassiers
Una messa in scena ibrida per un’opera ibrida, le sonorità barocche di The Indian Queen di Henry Purcell si combinano perfettamente con le possibilità della scena contemporanea sommando variazioni su variazioni dei temi musicali e visuali, con un grande ricorso ai video. Il lavoro di Purcell, nato secondo la moda del tempo combinando il dramma parlato con musica, danza e scenografie spettacolari, viene riproposto dal regista belga Guy Cassiers sdoppiando l’intricata vicenda che vede confrontarsi, prima della conquista spagnola, la regina del Messico Zempoalla e il generale Inca Montezuma, storia che si svolge sia dal vivo sul palcoscenico, con gli interpreti vestiti solo di nero, ma anche in filmati registrati proiettati sui tanti pannelli-schermi che discendono dal soffitto spostandosi in continuazione, con altri attori in costumi colorati ed i cui i movimenti non sono sempre esattamente gli stessi che quelli sul palcoscenico. Un allestimento che all’inizio disorienta ma poi, compreso il meccanismo, affascina e riempe la scena delle oltre tre opere di spettacolo che volano via veloci. E poiché, come si sa, il lavoro non fu completato da Purcell che ha scritto solo una quarantina di minuti delle musiche necessarie tra le parti recitate, si è ricorso ad altri brani dello stesso compositore, perfettamente inseriti nello spartito originale ricco già di meravigliosi preludi, intermezzi e arie. Ma si sono aggiunti pure suoni d’ambiente, come quello di un cellulare in cui si leggono le ultime news sulla saga, e il crepitio del fuoco, ed anche in questo caso la contaminazione è molto piacevole e rispettosa, si integra in armonia con la splendida esecuzione che regala la direzione della francese Emmanuelle Haïm, specialista del genere, alla guida dell'ensemble barocco Le Concert d'Astrée, orchestra e coro, da lei fondato. La Haïm sa infondere alla musica di Purcell al tempo stesso vivacità e delicata malinconia, ben alternando tempi ed ben dosando gli accenti, il risultato è davvero ottimo, moderno e vitale. La direttrice d’orchestra ed il regista avevano già presentato insieme con successo Xerse de Cavalli nel 2016 a Caen ed anche adesso il binomio ha funzionato bene. Essendo un lavoro misto, richiede interpreti capaci sia di ben cantare che di ben recitare ed il cast di cantanti e attori si è dimostrato all’altezza del progetto, tutti bravi, si fa particolarmente notare, per lirismo e virtuosismo il soprano britannico Anna Dennis nel ruolo di Amexia, la regina del Messico esiliata dalla sorella Zempoalla che ne prende il potere, quest’ultima interpretata dalla bravissima attrice inglese Eve Matheson.
La trama è complessa, si svolge tra Mexico e Perù, tra lotte di potere e storie d’amore, con tanti personaggi, anche se si è letto prima il libretto non si riesce a capire tutto, ma sufficientemente per godersi lo spettacolo. Tra i cantanti citiamo anche il soprano Rowan Pierce, i due tenori Nick Pritchard e Sam Boden, il basso baritono Tristan Hambleton, il basso Gareth Brynmor John. Si fa notare in particolare anche l’attore James McGregor che interpreta Montezuma. Belli i costumi disegnati da Tim van Steenbergen, stilista di Anversa che firma pure le scene assai essenziali, che non fanno riferimento precisamente all’America Centrale ma danno un’idea di arcaico senza tempo e ben si adattano alla presenza, oltre che di cellulari, anche di moderne pistole. Affascinanti, infine, le luci di Fabiana Piccioli. Si tratta di una coproduzione con l’Opéra de Lille, il Théâtre de Caen, e il Théâtres de la Ville de Luxembourg.
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