Musiche per la giornata della memoria a Santa Cecilia

Due concerti con musiche di autori uccisi nei campi di sterminio, eseguite dagli allievi dei corsi di perfezionamento dell’Accademia

Ares Trio
Ares Trio
Recensione
classica
Roma, Parco della Musica
Musica per la Memoria
21 Gennaio 2025 - 28 Gennaio 2025

L’Accademia di Santa Cecilia organizza, accanto alle sue stagioni concertistiche principali, la sinfonica e la cameristica, vari altri cicli di concerti per le famiglie, per i più giovani e altri ancora, come MartedìMusa, che si svolge il martedì nella saletta di MUSA-Museo degli Strumenti Musicali. L’orario - il pomeriggio alle 16.30 - è impossibile per molti ma è incoraggiante per altri e ancor più l’ingresso gratuito. Suonano gli allievi dei corsi di perfezionamento dell’Accademia, e questo significa che il livello è garantito, perché sono tutti giovani di ottima qualità guidati da ottimi docenti. I primi due concerti, intitolati “Musica per la Memoria”, rientravano nel programma di appuntamenti promossi da Roma Capitale in occasione del Giorno della Memoria. Questo aggiungeva un valore speciale a questa bella iniziativa. 

Nel primo concerto sono state eseguite musiche di tre compositori scomparsi nei forni dei campi di sterminio: un omaggio profondamente sentito – si può ben definirlo commovente – a tre musicisti uccisi, quando non avevano dato tutto quel che avrebbero voluto e potuto dare all’arte cui si erano consacrati.

Di Paul Hermann è stato eseguito il terzo movimento, Lento,  dalla Suite  per pianoforte. Ungherese di nascita, allievo di Bartók e Kodaly, ma vissuto in giro per l’Europa e soprattutto in Francia, Hermann rivela in questo brano, composto nel 1924 all’età di ventidue anni, una scrittura già matura, raffinata, venata di una profonda sensibilità, che sembra presaga del futuro che l’attendeva: vi si avverte l’eco dei suoi maestri nella melodia di probabile origine popolare ungherese, ma immersa in un’atmosfera raveliana di grande fascino ed eleganza armonica. Indubbiamente un grande talento, che purtroppo ha lasciato poche composizioni. 

Il concerto proseguiva con due melodie ebraiche di Ravel (Kaddisch)  e Honegger (Mimaamaquim)  in trascrizioni pianistiche, poi tornava a due compositori ebrei, entrambi nati ad Amsterdam e uccisi nei campi di sterminio. Di Leo Smit, nato nel 1900 e ucciso a Sobibor nel 1943, si è ascoltata la Suite per pianoforte del 1926, dunque un’altra opera di giovinezza. Anch’egli rivela un bel talento e una scrittura smaliziata, che si riallaccia al neoclassicismo stravinskiano, cui nella Forlane  aggiunge un’atmosfera armonica meno asciutta e più screziata, un po’ raveliana, mentre nel Prélude  e nel Rondeau  esibisce un piglio irruente e scapestrato. 

A Daniel Belinfante, nato nel 1893 e morto ad Auschwitz nel 1945, pochissimo prima che i russi arrivassero a liberare gli internati, il destino concesse di giungere alla piena maturità artistica e di poter comporre liberamente fin verso i sessant’anni d’età, lasciando un catalogo piuttosto nutrito. Se ne è potuto seguire lo sviluppo artistico, iniziando da due giovanili Sonatine  a opere della maturità molto più interessanti, Reflexen  del 1941-1943 e Avond Landschap  (Paesaggio notturno) del 1943, uno dei suoi ultimi lavori, ispirato ad un quadro di Jan Broeze (1896–1983: è un breve brano, apparentemente un placido notturno, in cui però si avverte  un sottofondo allucinato, tragico. Un suo compagno di prigionia sopravvissuto narrò che Belinfante lo scrisse sul suo letto a castello, poco dopo l’arrivo nel campo di sterminio, e che gli disse che questa musica descriveva il suo dolore di quel momento.   

È triste dover dire che per decenni, dopo la fine della guerra, nessuno si interessò alla musica di Belinfante e degli altri compositori finiti nei campi di sterminio. Le opere di Belinfante furono donate dalla vedova all’Istituto di musica neerlandese e lì rimasero, senza che nessuno vi prestasse attenzione, fino al 2005, quando furono riscoperte su impulso di Francesco Lotoro, il cui lavoro è stato ed è tanto encomiabile quanto prezioso.

A eseguire queste musiche è stato il ventiseienne pianista francese Dimitri Malignan, che attualmente si perfeziona con Benedetto Lupo all’Accademia di Santa Cecilia: un pianista che dimostra già grande maturità e grande equilibrio, unendo la vibratile sensibilità a una tecnica che fa apparire tutto facile, rifuggendo da qualsiasi esibizionismo. 

Il pubblico era purtroppo poco numeroso per questo primo concerto ma ha riempito la sala del Musa, invero un po’ piccola, tanto che si potrebbe pensare a una sala di maggiore capienza, per il secondo concerto, attirato da compositori noti come Olivier Messiaen, Bohuslav Martinu e Dmitri Shostakovich, che non furono personalmente coinvolti nella Shoah ma non restarono insensibili a quell’orrore. Suonavano tre gruppi cameristici allievi del corso di Ivan Rabaglia all’Accademia, che hanno dimostrato un livello veramente eccellente, che li rende già perfettamente in grado di affrontare l’agone concertistico, come infatti stanno facendo.

Del tutt’altro che facile Thème et variations  di Messiaen il duo violino e pianoforte Daniele Sabatini – Simone Rugani ha offerto un’interpretazione di classe, dando grande chiarezza (e bel suono) all’articolata e densa scrittura del compositore francese. Il Trio Sheliak, che nel suo curriculum ha il primo premio al Concorso “Burri” di Città di Castello nel 2023 e il premio Farulli della critica musicale italiana nel 2024, è stato magistrale nella complesso e raffinato Trio n. 3 in do maggiore  di Martinu, un compositore che meriterebbe attenzione e considerazioni maggiore: ma qualche segnale parrebbe indicare che siamo sulla buona strada. Il Trio Ares ha chiuso il concerto con un’esecuzione drammatica e trascinante, degna di figurare nelle più prestigiose stagioni concertistiche, del Trio n. 2 op. 67  di Shostakovich, un lavoro d’impressionante potenza espressiva, che unisce il lutto personale per la scomparsa di una persona cara al dolore universale per la tragedia della Shoah, di cui proprio allora (era la fine del 1944) cominciavano ad essere scoperti gli orrori. 

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

Il concerto dell’Orchestra di Padova e del Veneto per il Giorno della Memoria

classica

Wagner a Liegi diretto da Bisanti

classica

La Fondazione Arena di Verona inaugura la stagione lirica al Teatro Filarmonico con un riuscito allestimento del “Falstaff” di Antonio Salieri nel cinquantenario della riapertura del teatro