Le seduzioni dell’altro Falstaff

La Fondazione Arena di Verona inaugura la stagione lirica al Teatro Filarmonico con un riuscito allestimento del “Falstaff” di Antonio Salieri nel cinquantenario della riapertura del teatro

Falstaff (Foto Ennevi)
Falstaff (Foto Ennevi)
Recensione
classica
Verona, Teatro Filarmonico
Falstaff ossia Le tre burle
19 Gennaio 2025 - 26 Gennaio 2025

Nella selva di ricorrenze in questo 2025, rischia di passare inosservata quella dei 200 anni della morte di Antonio Salieri, compositore di prestigio e fama nella seconda metà del Settecento con importanti incarichi alla corte di Vienna e vittima, suo malgrado, della pessima fama generata dalla Piccola tragedia di Aleksandr Puškin sulla presunta invidia per il genio del quasi contemporaneo Mozart. Non si dimentica di Salieri la Fondazione Arena di Verona che come titolo inaugurale della propria stagione al Teatro Filarmonico presenta un nuovo allestimento del suo Falstaff, titolo già presentato esattamente cinquant’anni fa in occasione della riapertura della stessa sala che oggi lo accoglie nuovamente, rimessa a nuovo dopo i danni bellici. Per l’occasione, il “dramma giocoso” in due atti viene presentato per la prima volta in una edizione critica curata da Elena Biggi Parodi. 

Presentato per la prima volta al Teatro di Porta Carinzia a Vienna nel 1799, questo lavoro di Salieri forse non brilla per originalità di ispirazione ma non sono poche le gemme musicali disseminate nella trama che ha per protagonisti due sole comari di Windsor, Mrs. Ford e Mrs. Slender, e i rispettivi coniugi oltre ovviamente al protagonista Sir John Falstaff, particolarmente bistrattato in questa versione (“cavaliere attempato d’una grassezza deforme”, “ambulante barilotto”, “tinozza ambulante”, “insolente ubriacone” e “temerario arrogante” sono alcuni degli epiteti che gli vengono rivolti nel libretto di Carlo Prospero Defranceschi) e alla coppia di servi Bardolf e Betty. Rispetto alla ben più nota opera verdiana, qui le burle sono tre: fra quella della cesta nel Tamigi e quella della tregenda presso la quercia di Herne, si aggiunge una precipitosa fuga dal gelosissimo Ford del mancato seduttore travestito da zia della cuoca dei padroni casa, “vecchia sì grossa da Brainford” (che, con ammiccamento localistico, diventa la più vicina Cerea) vestita con “una sottana lunga lunga, e un berretton col pelo, e un fazzoletto”. Il finale è lo stesso con lo scorno del cialtronesco Falstaff, che, riconoscendo il proprio errore, assicura le due coppie “che mi venga un anticore, se più penso a conquistar!” e si toglie il cuscino da sotto la marsina svelando la vera natura del suo enorme ventre. Anche per questo Falstaff è vero che “tutto nel mondo è burla”. 

Si chiude così lo spettacolo firmato dal regista Paolo Valerio, che vede Falstaff come un Giacomo Casanova “ante litteram”, magari un pelo più maldestro, e che quindi sceglie un’ambientazione veneziana per la vicenda. Le immagini piuttosto oleografiche di paesaggi urbani del Settecento veneziano, evocate anche nei costumi dello stesso Valerio, vengono proiettate sui grandi pannelli girevoli dalle superfici quasi liquide firmate da Ezio Antonelli come anche il “projection design”. Vengono risolti così in maniera agile i numerosi cambi di scena previsti nel libretto con i diversi ambienti suggeriti da poco essenziali oggetti di attrezzeria, così come fluidi e accattivanti sono i movimenti scenici di interpreti vocali, coristi e danzatori. 

Molto agile e scattante anche il passo impresso dal direttore Francesco Ommassini alla musica di Salieri, eseguita dall’Orchestra della Fondazione Arena di Verona con esattezza e precisione nel cesello dei preziosi dettagli solistici (notevole l’assolo del clarinetto obbligato nell’aria di Ford “Or gli affannosi palpiti” nel primo atto). Ben assortita la compagnia di canto che ha in Giulio Mastrototaro un protagonista buffo con misura e ottimi mezzi vocali, come il Ford di Marco Ciaponi, tutto risolto nel segno dell’eleganza e dell’impeccabile controllo tecnico. Molto riuscite anche le prove di Gilda Fiume, una frizzante Mrs. Ford irresistibile anche nel parodistico scambio con Falstaff travestita “alla tedesca”, e di Laura Verrecchia, un’altrettanto vivace e scaltra Mrs. Slender. Se Eleonora Bellocci dona brio e malizia alla cameriera Betty, meno riuscite invece sono le prove di Michele Patti, un Mr. Slender dai tratti marcatamente compassati, e Romano Dal Zovo, un Bardolf discretamente parodistico ma vocalmente acerbo. Gli ottimi interventi del Coro della Fondazione Arena di Verona preparato da Roberto Gabbiani aggiungono densità musicale a questa riuscita ripresa di un lavoro, che meriterebbe maggiore fortuna. 

Pubblico piuttosto scarso all’ultima delle recite in programma, ma caldi applausi per tutti. 

 

 

 

i

 

 

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

Al Teatro Sociale approda l’opera di Umberto Giordano ma il pubblico latita 

classica

In forma di concerto diretta da Alejo Pérez, brilla il Pollione di Kim Kyungho

classica

Milano: Chailly sul podio della Filarmonica della Scala