L’Orlando di Haendel al museo

Nuova produzione del Théâtre du Châtelet, sul podio Christophe Rousset

Orlando (Foto Thomas Amouroux)
Orlando (Foto Thomas Amouroux)
Recensione
classica
Théâtre du Châtelet, Parigi
Orlando
23 Gennaio 2025 - 02 Febbraio 2025

L’idea di base è che i protagonisti dell’Orlando di Handel prendano vita la notte in un museo dove si sono nascosti alcuni ragazzini, un’idea che si presenta simpatica e interessante, anche se non nuova, ma il risultato non entusiasma, malgrado sul podio ci sia una bacchetta esperta come Christophe Rousset e le voci siano di buon livello, in particolare con un ottimo Medoro che riempie la scena quando inizia a cantare, ruolo scritto per contralto ma qui interpretato in modo più che soddisfacente dal mezzosoprano americano Elizabeth DeShong. Protagoniste quattro donne, con un mezzosoprano nel ruolo di Orlando, scritto per castrato, e sola presenza maschile il mago Zoroastro, figura non presente nelle opere di Carlo Sigismondo Capece e di Ludovico Ariosto da cui è tratto il libretto, ma aggiunta da Handel perché il compositore aveva a disposizione un ottimo basso, bravo nelle agilità. Orlando, cantato da Senesino alla sua creazione nel 1733 al King's Theatre di Londra, a Parigi è interpretato dal mezzosoprano spagnolo Katarina Bradić, bel timbro, colore scuro adatto alla parte, ma la sua voce appare piccola per il personaggio, non abbastanza drammatica, con agilità che non entusiasmano, malgrado l’evidente impegno che mette nell’interpretazione, nel rendere appieno i tormenti della passione amorosa sino a perdere la ragione. Più adatta alla parte il soprano australiano Siobhan Stagg come Angelica, che sembra anche riuscire a gestire meglio i ragazzini che la regista mette intorno ad ogni personaggio, impertinenti, che corrono dappertutto, ma che a volte solo distraggono, spesso sembrano solo dei riempitivi dello spazio che la bellezza delle variazioni di Handel non necessitano certo.  Due italiani per i ruoli restanti, della pastorella Dorinda, invano pure innamorata di Medoro, interpretata dal bravo soprano Giulia Semenzato, e di Zoroastro, interpretato dal baritono Riccardo Novaro in un ruolo scritto, come ricordato, per un basso e quindi che non soddisfa appieno nelle agilità nelle note più gravi. Entrando in sala lo spettatore trova la scena aperta, senza sipario, con una classe di studenti che sta già visitando una sala espositiva, al centro c’è una porta che si scoprirà poi essere quella di uno sgabuzzino. Il mago qui è il guardiano, quando il museo chiude dai quadri escono i personaggi ed i ragazzi dal nascondiglio, ed inizia un confronto un po’ confuso. L’idea della giovane regista Jeanne Desoubeaux è evidentemente quella di collocare un’opera del Settecento in un contesto di fruizione moderna e di metterla a confronto con lo sguardo sull’amore, le passioni, l’eroismo, la guerra dei giovani d’oggi,  ma se le intenzioni sono buone e dovrebbero indurre ad una riflessione più approfondita su quello che quest’opera oggi può dirci, il risultato è poco chiaro e per questo annoia. In più, se è vero che quando un museo chiude si rigovernano gli ambienti e può essere logico che Orlando nella sua follia impugni un mocio al posto della spada, le scene appaiono dominate in modo eccessivo da attrezzi per le pulizie e la manutenzione che tolgono molta della poesia dell’opera. Le scenografie di Cécile Trémolières si fanno ammirare sopratutto per il bel boschetto e, nel secondo tempo, quando le pareti scompaiono, come in un sogno, finalmente il lavoro di Handel è valorizzato da uno sfondo dai colori pastello sfumati, con le belle le luci di Thomas Coux. I costumi di Alex Costantino, belli a vedersi, colorati solo con tinte naturali come tiene a sottolineare la produzione, non sempre però sono funzionali, quello di Medoro è il più infelice facendo sembrare il valoroso invece un bambolotto. Sorprende invece piacevolmente l’idea che le quattro artiste escano in scena per l’ensemble finale non più con i costumi dei loro personaggi ma come le mamme che vengono a recuperare i figli scomparsi. Le coreografie sono di Rodolphe Fouillot e danzate dagli allievi del Conservatoire Ida Rubinstein de Paris. In contrasto con un tale visuale moderno e affollato, il maestro Christophe Rousset dirige l'orchestra Les Talens Lyriques con un lavoro invece, come suo solito, minuzioso, prezioso, dalle sonorità antiche. Una coproduzione con il Théâtre de Caen, l’Opéra National de Lorraine e i Théâtres de la ville de Luxembourg. 

 

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