La modernità della Settima di Mahler
Milano: Chailly sul podio della Filarmonica della Scala
La stagione 2025/26 della Filarmonica della Scala, grazie a Riccardo Chailly sul podio, ha avuto inizio con una vigorosa Settima di Mahler. Una delle partiture più complesse del compositore e fra le più discusse perché il suo fascino sta anche nella instabilità. Coi due Notturni di estremo romanticismo contrapposti a momenti rutilanti con dissonanze che logorano la tonalità e la rendono "moderna" all'ascolto, per altro ben sottolineati dal direttore. Senza voler essere darwiniani in musica, va ricordato che Schönberg ha composto la prima Sinfonia da camera l'anno successivo. Il più convincente dell'esecuzione della Filarminica è stato il blocco centrale, dal secondo al quarto movimento, che impegnando un organico più ridotto sono risultati di estrema trasparenza e chiarezza, cesellati in ogni dettaglio. Fermo restando che l'acustica della Scala ha penalizzato sia i campanacci, sia la chitarra e il mandolino, perché le file degli archi coprono in parte gli strumenti alle loro spalle. Basterebbe poco costruire un paio di pedane alzando di mezzo metro i fiati e altrettanto le percussioni. Sarebbe anche un bel vedere. L'attuale situazione ha invece finito per nuocere ai pieni orchestrali, che in alcuni passaggi a quanti siedono in platea si sono rivelati compressi senza riuscire a espandersi in sala.
Lamentazioni di acustica a parte, la lettura di Chailly è stata di grande lucidità, con un equilibrio controllatissimo delle varie sessioni, i rapidi cambi di tempo del primo movimento, i colori funerei degli archi e gli smaglianti interventi del corno tenore. Nel finale, il rondò trionfale in do maggiore ha avuto una incisiva carica quasi militaresca, che ha poi scatenato quasi dieci minuti di applausi.
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