Alexander Lonquich a Jesi, tra eleganza e passione
Applausi per il pianista e direttore impegnato alla direzione dell’Orchestra Filarmonica Marchigiana
La stagione sinfonica della FORM – Orchestra Filarmonica Marchigiana entra nel vivo con un magnifico concerto al Teatro “G.B. Pergolesi” di Jesi, gremito di pubblico, il cui protagonista è stato Alexander Lonquich, in veste di pianista e direttore.
In programma brani tra i più rappresentativi del romanticismo tedesco, accomunati nell’esecuzione di Lonquich da un unico slancio interpretativo fatto di eleganza e di passione: il Mendelssohn dell’Ouverture Le Ebridi, altrimenti conosciuta come La grotta di Fingal (seconda versione londinese del 1832, edizione critica Bärenreiter) e della Sinfonia n. 4 “Italiana” (seconda versione del 1834, edizione critica Bärenreiter) ispirati entrambi a suggestioni raccolte durante i viaggi giovanili; e lo Schumann del concerto per pianoforte in la minore op. 54, eseguito per la prima volta nel 1846 dalla moglie Clara Wieck e sotto la direzione dello stesso Mendelssohn, che si apre con un tema malinconico ed intenso le cui note corrispondono alle lettere che compongono il nome di Clara.
Il rapimento emotivo, la gioia di fare musica, l’intensità espressiva: questa la cifra di ciò che Lonquich ha saputo comunicare attraverso le sue proprie mani sulla tastiera e attraverso le voci degli strumenti dell’orchestra, che ha dato una delle sue migliori prestazioni sotto la sua guida. Precisione degli attacchi e dell’intonazione, amalgama degli archi, bellezza di suono negli assoli, rilievo delle voci interne, e soprattutto una eleganza e fluidità nel legato che si poteva palpare concretamente nel passaggio dalla tastiera al gesto della direzione. Un gesto che non interrompeva la morbidezza del polso sul pianoforte e che continuava nell’aria ogni volta che il pianista si alzava dallo sgabello per rivolgersi all’orchestra.
L’intesa e la complementarietà tra pianoforte e orchestra ha raggiunto il sublime in particolare nell’Intermezzo del concerto di Schumann, nel dialogo ravvicinato tra il pianoforte e gli altri strumenti, in una dimensione “da camera”.
Il concerto ha visto come brano conclusivo la sinfonia di Mendelssohn, in una esecuzione gioiosa e solare e piena di una vitalità travolgente che culmina nel turbinio ritmico del Saltarello conclusivo, dopo la lievità solenne del secondo tempo e la morbida cantabilità del terzo.
Lungamente applaudito da pubblico e orchestra, Lonquich ha eseguito come bis la prima Novelletta di Schumann; molto impegnato anche nella didattica (ha collaborato con l’Accademia Pianistica di Imola, con l’Accademia Musicale Chigiana e la Hochschule für Musik di Colonia, e dal 2020 è Direttore Artistico della Fondazione Scuola di Musica di Fiesole) tornerà a dirigere la FORM in febbraio con un programma che prevede il quarto concerto di Beethoven e le due sinfonie situate agli estremi del percorso sinfonico mozartiano, la n.1 e la n. 41.
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