Loya: la macchina e la tradizione in Madagascar

Blakaz Antandroy è l'incontro fra una famiglia sciamanica del Madagascar e un musicista e produttore francese

Loya
Disco
world
Loya
Blakaz Antandroy
Lzrecords
2024

Una famiglia sciamanica del sud del Madagascar entra in contatto col musicista e produttore francese, nato all’île de La Réunion, Loya: il risultato, Blakaz Antandroy, è uno degli album più affascinanti del 2024.

Alle volte l’algoritmo di YouTube ci azzecca: un paio di mesi fa mi propone il video di un artista a me sconosciuto, Loya, e il titolo “Hoy Aho Neny” aggiunge altro mistero; inutile dire che premo play senza indugio e ciò che vedo e sento premia la mia curiosità: le tradizioni sciamaniche del popolo Antandroy del Madagascar si fondono con la modernità della musica elettronica, dando vita a qualcosa di incredibilmente potente.

«Da sei anni Loya esplora l’intimità musicale delle isole sorelle dell’Oceano Indiano: le Comore, il Madagascar, Réunion e Mauritius» - dalla pagina Facebook di Sébastien Lejeune (vero nome di Loya)

Composta da Loya in collaborazione con la famiglia Remanindry, la canzone “Hoy Aho Neny” (letteralmente “Oh Mamma!”) celebra la figura materna in quanto pilastro centrale della famiglia e della comunità. 

Apprendo dalle note che accompagnano il video che nella cultura Antandroy la madre non è soltanto colei che dona la vita ma, allo stesso tempo, la custode delle tradizioni, la guaritrice e la consigliera. Attraverso questa canzone gli artisti esprimono la gratitudine e l’amore incondizionato che sono dovuti a colei che guida e protegge anche nei momenti più difficili. 

 Dal punto di vista musicale il brano è una fusione perfetta di canti tradizionali della famiglia Remanindry, accompagnati dal kabotsy (una chitarra malgascia), e di tessiture elettroniche elaborate da Loya. La canzone riesce a captare l’essenza delle tecniche vocali Antandroy, come il remotsy, una respirazione ritmata che apporta profondità emotiva, e il Poa Keliky, che trasforma i suoni in percussioni naturali. Loya arricchisce questi elementi con suoni elettronici, creando un universo sonoro moderno e atemporale che trascende le frontiere culturali.

«Sulla terra rossa degli antenati, i Remanindry danzano sotto le stelle / Da loro non si cammina, prima di tutto si danza / Perché la terra, il cielo, gli spiriti – tutto è movimento» - Hoy Aho Neny

Passa all’incirca un mese e il secondo singolo è servito: “Be Sadia” rende omaggio ai tessuti antichi, veri testimoni della storia e dell’identità culturale dei malgasci. “Be Sadia” (letteralmente “Tessuto antico”) è un’esplorazione sonora che immerge l’ascoltatore nella ricchezza delle tradizioni tessili della parte meridionale del Madagascar. Per il popolo Antandroy i tessuti antichi non sono semplici stoffe: sono portatori di memoria, di racconti ancestrali e di una spiritualità profonda. 

Ognuno di questi tessuti, lavorati a mano con cura, è un simbolo di continuità e di legame tra le generazioni. “Be Sadia” utilizza gli elementi distintivi della musica tradizionale Antandroy per tessere una tela sonora unica. La canzone integra i suoni del lokanga (il violino malgascio) e i canti rituali della famiglia Remanindry che evocano i gesti dei tessitori e la bellezza dei disegni antichi. Loya aggiunge le sue tessiture elettroniche sottili, trasformando queste tradizioni in un’esperienza musicale contemporanea.

«”Be Sadia” è una canzone nata dalla mia attrazione per i tessuti antichi, una cosa che ho scoperto grazie ai miei viaggi in Madagascar. Questi tessuti sono molto più che semplici oggetti: sono il riflesso dell’anima del popolo Antandroy. Con questo singolo abbiamo voluto catturare l’essenza di questa tradizione, registrandola però in una prospettiva moderna grazie all’elettronica» - Sébastien Lejeune 

E arriviamo a pochi giorni fa, quando, in contemporanea con la pubblicazione di Blakaz Antandroy, compare anche il video di “Zilikala Ekarety”, un omaggio alla foresta malgascia, vista non solo come spazio naturale ma anche come territorio spirituale dove gli uomini e gli spiriti s’incontrano. Questo titolo affascinante, “Ingresso della foresta”, ci trasporta alle porte dei misteri della foresta malgascia, un luogo sacro e simbolico nella cultura Antandroy. 

Per il popolo Antandroy è ben di più di un semplice luogo: è un santuario spirituale, una frontiera tra il mondo dei vivi e quello degli spiriti. “Zilikala Ekarety” cattura questa dualità attraverso una composizione musicale che riflette la profondità mistica della foresta, celebrando la connessione intima tra l’uomo e la natura. 

Quando lascia l'île de La Réunion, Sébastien, compositore e multistrumentista, porta nel suo zaino una manciata di terra, dell’acqua di sorgente, del fuoco e delle arie familiari che accompagnano ognuna delle sue rappresentazioni. Alla ricerca delle sue radici multi-culturali, sperimenta differenti formule musicali prima di arrivare a quella attuale. Sei anni di esplorazioni, dicevamo, e ci viene la curiosità di sapere direttamente da lui quali sono stati alcuni degli artisti che più l’hanno colpito: ecco le sue risposte.

Il 29 novembre è finalmente la volta di Blakaz Antandroy, album contenente, oltre ai già citati tre singoli, altre sette composizioni inedite. È lo stesso Sébastien a darne l’annuncio con orgoglio sulla sua pagina Facebook: «È con immensa gioia che vi annuncio l’uscita del mio nuovo album Blakaz Antandroy, realizzato in collaborazione con la famiglia Remanindry. Questo progetto, nato nel 2019, è il frutto di un’esplorazione profonda delle musiche tradizionali del Madagascar, arricchita dalle sonorità del mio sintetizzatore modulare. Il risultato è un incontro vibrante e inedito tra le tradizioni musicali ancestrali e le tessiture della musica elettronica. Blakaz Antandroy incarna contemporaneamente un ritorno alle radici e una reinvenzione del mio universo musicale, tessendo un ponte tra passato e futuro, tradizione e modernità. Vi invito a immergervi in questo universo sonoro unico!». 

È un confronto tra la tradizione e la macchina, al fine di ottenere una mutazione futurista delle musiche tradizionali dell’Oceano Indiano.

Blakaz Antandroy è senza dubbio un album innovativo creato da Loya con la collaborazione fondamentale della famiglia Remanindry, composta dal padre Remanindry e dai suoi figli Samba, Nindry, Isabelle e Adeline. Provenienti dal popolo Antandroy, una comunità sciamanica del sud del Madagascar, questi artisti utilizzano i loro canti e strumenti tradizionali per invocare gli spiriti Kukulamp e così curare gli abitanti del villaggio, ben lontani da ogni medicina moderna.

Sébastien non è il solo a essere caduto sotto l’incantesimo della famiglia Remanindry: come avrete già intuito, io ho fatto la stessa fine. Questo è un disco che genera una transe (alla francese) da cui non si vuole più uscire, è un’esperienza musicale entusiasmante e, per quanto mi riguarda, la scoperta più importante del 2024. 

La transe
In questa scatola di lamiera di recupero
Le mie carte sono pesanti come il cielo prima del temporale.
Io non sono né qui né altrove,
Sospesa tra due mondi.
Io vedo il mio corpo danzare,
I suoi movimenti come fiamme nell’aria immobile.
Ma io non lo sento più,
Perché è lo spirito degli antichi che guida i miei passi.
Lontano, la mia famiglia respira a ritmo,
Le loro voci, un’eco fragile, mi portano attraverso l’invisibile.
I tamburi battono,
Ogni vibrazione mi spinge un po’ più lontano,
Fino a questo spazio in cui tutto si ferma.
Là, nell’oscurità di un silenzio profondo,
Due occhi luminosi mi fissano.

Un kukulamp.
Il suo sguardo è un abisso,
Uno specchio in cui deposito le mie domande.
Le risposte s’incidono in me,
Come delle radici che ritrovano il loro cammino nella terra.
Quando io ritorno,
Il tamburo mi accoglie, e il soffio caldo della mia famiglia mi circonda.
Io porto i rimedi,
Io sono tornata per loro. 

(Sébastien Lejeune)

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