Gera Bertolone, una siciliana a Parigi
In Femmina Gera Bertolone canta la sua sicilia, antica e contemporanea
Per riuscire ad avere uno sguardo prensile sulle cose, scremando l’essenziale dal ridondante, i fatti dalla chiacchiera che aleggia attorno, ci sono due approcci diversi, antitetici e pure per certi versi complementari. A volte è il caso di usarli tutti e due assieme.
Il primo modo di giudicare la propria realtà è perseverare in un'immersione totale nel microcosmo da osservare, abitare quegli spazi fisici, respirarli, intessere relazioni e indirizzare la successione dei giorni e della quotidianità in un senso che altrimenti sfuggirebbe, là attorno. Il secondo approccio implica invece praticare una distanza geografica dal microcosmo oggetto di osservazione, sollecitando un giudizio e una comprensione altra che scaturisca dal soppesare gli oggetti della memoria. O “nella” memoria.
Gera Bertolone ha scelto (o forse, più prosaicamente, la vita stessa ha contribuito a farla scegliere in tal senso) di essere lontana dalla sua Sicilia di montagna, un luogo, una costellazione sentimentale, un carattere plurivoco, un senso di appartenenza e di distacco assieme che si porta incastonato dentro.
Bertolone vive a Parigi, dal 2009. Da bambina vagava tra selve e pianori imparando a suonare da sola il clarinetto, assorbendo l’humus nutritivo dei canti popolari che le aleggiavano attorno. Poi ha studiato musicologia ed etnomusicologia, ha cominciato a padroneggiare il clarinetto e le partiture da professionista, a trascrivere per il suo strumento il repertorio smisurato di sapere musicale popolare. A cantare con una voce matura e antica assieme.
Femmina è tutto dedicato, naturalmente, alle donne di carattere come lei della sua Sicilia lontana. C’è polpa densa e sostanza petrosa di note tramandate, qui, quasi sempre vestite di suoi testi nuovi, o il contrario esatto, a rovescio: musiche sue e testi dalla tradizione.
C’è una veste sontuosa di arrangiamenti radicata in una contemporaneità che prevede azzardi elettrici (“La notti libertà”), dissonanze brucianti (“Vinni a cantari”), tarantella pura siciliana (“La tarantula”) e trance elettroacustica (“Abballati”) ninne nanne (“Figghia mia”), ballate acustiche avvolte nella coperta preziosa di un quartetto d’archi e di una chitarra classica (“Canzuna”).
E poi armonie degli opposti ("Amuri ca di notti"): una chitarra elettrica distorta che cerca varchi nella compattezza sinuosa del Quartetto, opera d’arrangiamento di Diana Buscemi. Si sarà compreso: un grande disco. E un filo teso vivo tra le punte dei monti nel cuore della Trinacria e la torre Eiffel.