A Venezia fra Nono e Schönberg

Il Teatro La Fenice presenta un nuovo allestimento de “La fabbrica illuminata” e “Erwartung” 

 

La fabbrica illuminata (Foto Michele Crosera)
La fabbrica illuminata (Foto Michele Crosera)
Recensione
classica
Teatro La Fenice, Venezia
La fabbrica illuminata, Erwartung 
13 Settembre 2024 - 22 Settembre 2024

Nella ripresa lirica d’autunno al Teatro La Fenice proseguono gli omaggi ai grandi compositori in occasione di importanti ricorrenze. E così, dopo l’omaggio a Puccini nel centenario della morte con la ripresa della Turandot , è la volta di Luigi Nono e Arnold Schönberg in occasione rispettivamente del centenario e centocinquantenario della nascita. Le ricorrenze vengono celebrate con un insolito dittico che propone La fabbrica illuminata con Erwartung (Attesa), due lavori nati in temperie culturali e artistiche molto distanti ma accomunati da un filo rosso fatto di solitudine e alienazione, secondo Daniele Abbado, che firma la regia del nuovo allestimento visto nel teatro veneziano. 

Originariamente pensato come parte di un più ambizioso progetto Un diario italiano, seconda “azione scenica” dopo Intolleranza 1960, La fabbrica illuminata trova la sua prima veste scenica dopo la prima esecuzione alla Fenice in occasione del XXVII Festival Internazionale di Musica Contemporanea della Biennale di Venezia nel 1964 sotto la direzione di Bruno Maderna, approdo prestigioso ma di ripiego, seguito al rifiuto della Rai a presentarlo in apertura del Premio Italia per i contenuti politici e oltraggiosi verso il governo. Chissà se accadrebbe anche oggi a sessant’anni di distanza a questo tipico prodotto del Nono anni ’60 che parla di operai e della dura condizione del lavoro in fabbrica attraverso i ruvidi versi scritti da Giuliano Scabia. Solo nel finale, un raggio di luce dell’utopia attenua l’infernale paesaggio (anche di suoni) della fabbrica: sono i quattro versi tratti di da Due poesie a T. di Cesare Pavese che gettano: “passeranno i mattini / passeranno le angosce / non sarà così sempre / ritroverai qualcosa”. La composizione per voce e nastro magnetico a quattro piste presenta una testimonianza sonora raccolta nell’acciaieria Italsider di Cornigliano, quartiere di Genova, da Nono e dal tecnico dello Studio di Fonologia della Rai di Milano, Marino Zuccheri: si sentono le voci degli operai ma anche i rumori di macchine che vengono accostati alla voce del soprano che intona i versi di Scabia e di Pavese nelle composite quattro parti della breve composizione (meno di 15 minuti). 

Vuole essere una grande metafora del mondo nelle intenzioni del regista Daniele Abbado il palcoscenico vuoto, occupato da una semplice pedana con delle gabbie e dalle pareti prive di fondali per la fabbrica di Nono, richiamata solo dalle proiezioni sulla parete di fondo di immagini create dallo Studio Vertov private di coordinate temporali precise o almeno identificabili. In scena, l’interprete vocale, vestita da Giada Masi in abito “grande soirée”, contrasta come presenza estranea con gli operai vestiti di tute da lavoro che le stanno attorno e che lentamente si spogliano mostrando le ferite dell’“esposizione operaia a ustioni / a esalazioni nocive / a gran masse di acciaio fuso” dei versi di Scabia. 

Come già nell’esecuzione alla Biennale Musica del 1964, anche in questo nuovo allestimento al lavoro di Nono fa seguito una composizione di Schönberg: allora si trattò del Pierrot Lunaire e oggi Erwartung, l’allucinato monodramma di Marie Pappenheim, regolarmente presente nelle stagioni del teatro lirico veneziano. La cornice scenica resta la stessa ma le immagini della fabbrica vengono sostituite da astratti lampi di luce (immaginati da Angelo Linzalata, che firma anche lo spoglio dispositivo scenico). La foresta, proiezione della tormentata psiche della protagonista unica, viene evocata attraverso i corpi nudi sdraiati al suolo, che sono gli stessi della fabbrica di Nono quasi per creare un ponte fra questi due lavori molto distanti e che tali rimangono nonostante lo sforzo di astrazione. Soprattutto in Erwartung, tuttavia, il disegno scenico attenua almeno in parte la suggestione tutta simbolica e interiore del lungo delirio psicotico della donna. 

Sul piano musicale la patente dell’autenticità ne La fabbrica illuminata è assicurata dalla presenza alla regia sonora di Alvise Vidolin, a lungo stretto collaboratore di Luigi Nono, prima ancora che dalla prova di alta professionalità del soprano Sarah Maria Sun. In Erwartung, invece, il direttore Jérémie Rhorer sterilizza le asperità espressioniste della partitura in una lettura che classifica Schönberg come rappresentante terminale delle frange post-romantiche più estreme. Ottima la prova dell’Orchestra del Teatro La Fenice e della protagonista Heidi Melton ma manca l’angoscia e il grido è soffocato. 

Nonostante la proposta impervia, il pubblico risponde numeroso all’ultima delle recite in cartellone e tributa un sincero successo alla serata.  

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