L’Italia del boom vista dai musicarelli

Un libro di  Marta Cagnola e Simone Fattori analizza il fenomeno dei film musicali per raccontare il nostro Paese negli anni Sessanta

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I film di genere – tradizionalmente trascurati per la discutibile qualità artistica e la dichiarata velleità commerciale di molti loro esiti – sono stati progressivamente “rivalutati” come cartina al tornasole della società e delle sue tensioni e dinamiche, oltre che come plastico “feticcio” retromaniaco dentro cui proiettare nostalgie e attitudini.

Oltre ai più “globali” thriller, gialli e horror (cui pure la penisola ha fornito un taglio originale e riconoscibile), l’Italia vanta anche qualche sottogenere autoctono, come i western all’italiana, i film peplum mitologici di Maciste e compagnia, e i cosiddetti musicarelli, film musicali costruiti su – o per – una canzone, un genere o un cantante di successo e incardinati in una trama di sapore giovanile, quasi sempre impostata sul contrasto tra il mondo degli adulti e quello, più spensierato dei ragazzi.

A questo genere, che occhieggia ogni tanto con i vari Gianni Morandi, Little Tony e Caterina Caselli nei pomeriggi estivi da qualche canale televisivo, è dedicato un bel volume appena uscito per Vololibero e curato da Marta Cagnola e Simone Fattori.

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Suddiviso in tre sezioni, una più saggistica, una di schede relative a ciascun film e una di interviste a protagonisti come Laura Efrikian, Rita Pavone, Al Bano o Bobby Solo, il libro non solo inquadra il fenomeno nella sua evoluzione storico/artistica, ma ne isola alcuni temi ricorrenti per leggere i rapidi cambiamenti della società italiana degli anni Sessanta.

Se infatti l’interesse per le trame e la complessiva qualità dei film in questione (girati con mestiere e rapidità) non può andare oltre quello della curiosità o al massimo della tenerezza, la coppia di autori rintraccia all’interno delle pellicole una vasta serie di riferimenti alla politica, alla discografia, alle questioni di genere o al fenomeno televisivo.

I “giovani” contrapposti a severi genitori (o possibili suoceri), alle differenze di classe, alla vita militare, attraverso le loro passioni, la musica, la moda che cambia, la droga, la contestazione, il divorzio, il tutto ovviamente smussato con leggerezza e con il pragmatismo democristiano dell’epoca (la Caselli di Io non protesto, io amo rinuncia alla carriera per amore).

Ogni pellicola è un campo minato di luoghi comuni che oggi non passerebbero il vaglio del buon senso, prima ancora che quello della censura: dai regionalismi stereotipati alle scappatelle perdonate ai maschietti mentre si difende l’illibatezza delle fidanzate, passando per le caratterizzazioni di neri, asiatici e omosessuali.

Cagnola e Fattori sono davvero bravi, quasi chirurgici, nel condensare in pochi paragrafi le principali traiettorie della storia e della sociologia patria e puntellarle con scene, siparietti, dialoghi tratti dai vari film. Dalla Rita Pavone collegiale innamorata del professore Giancarlo Giannini al Raffaele Pisu zio di Morandi che parla in “corsivo” cinquant’anni prima della moda TikTok in In ginocchio da te, passando per “capelloni” e padri siciliani che vogliono rapire Tony Renis per un matrimonio riparatore, il libro attraversa con leggerezza e puntualità un po’ tutti gli elementi del genere, andando a impreziosire la bibliografia sui musicarelli e, ma sì, confessiamolo, a stuzzicare la ricerca di qualche film o vecchia canzone su YouTube.

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