Le canzoni di Sanremo 2025, in anteprima

Abbiamo ascoltato tutte le trenta canzoni in gara al Festival, e c'è davvero poco da salvare quest'anno

Sanremo 2025 canzoni anteprima
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Chissà se c’è un disegno consapevole nella Rai che fissa i preascolti delle canzoni del Festival di Sanremo ogni anno, inevitabilmente, in concomitanza con blue Monday – il giorno più triste dell’anno – in una Milano inevitabilmente gelida e piovosa.

Di certo, è un umore è adatto al Sanremo 2025 e alle sue 30 (trenta – ma con l’aggiunta di 4 giovani, per non rischiare di finire troppo presto le serate) canzoni.

Diciamolo subito: la settantacinquesima edizione di Sanremo si preannuncia mediocre sotto il profilo dei brani in gara. Dominano le ballad “budella in mano”, e in generale sembra prevalere un certo mood deprimente nei testi, con poco – davvero poco – da salvare.

Il dato storico delle ultime edizioni conferma al di là di ogni ragionevole dubbio che l’ondata di rimescolamento della gestione Baglioni e primo Amadeus (complice, ovviamente, l’emergere del nuovo mercato dello streaming via piattaforma) ha ormai lasciato spazio al consolidamento del catalogo, in un’aurea mediocritas che sta facendo emergere chiaro il template di una “Nuova Canzone Sanremese”.

L’omogeneità delle firme (quest’anno – se ho contato bene – sono quattro per Davide Petrella e Jacopo Ettorre, cinque per Davide Simonetta, sette – un terzo di quelle in gara – per Federica Abbate) non favorisce, peraltro, la varietà.

Certo, con un solo ascolto secco (e a qualità audio abbastanza scadente) ci si può perdere qualcosa (anche se, almeno sull’anno scorso, ci avevo abbastanza azzeccato) e molte canzoni sono probabilmente destinate a crescere con gli ascolti.

Ad ogni modo, proviamoci: ecco una per una le 30 (trenta, thirty, trente, dreißig) canzoni dei Big in gara al Sanremo 2025.

 

Francesco Gabbani - "Viva la vita"

Chi stimava Gabbani come l'autore ironico e leggero di "Occidentali's Karma" dovrà bere all’amaro calice della Realpolitik del nuovo Sanremo. “Viva la vita”, scritta insieme a Pacifico, è infatti una ballad – la prima di molte – piuttosto stucchevole – la prima di molte – che si apre con un giro di pianoforte – il primo di molti – addensato da una massa d’archi – la prima di molte – che sembra presa pari pari dalla library di qualche software. Come da manuale della Nuova Canzone Sanremese, il giro initimista dell’inizio si apre quasi subito con un ritornello motivazionale, che mira al target “signora di mezza età che legge Fabio Volo”.

VOTO 5

La citazione: «Siamo un momento tra sempre e mai più»

Clara - "Febbre"

Clara apre invece la sequenza di canzoni “giovani” secondo il modello di Sanremo anni Venti. Ovvero: strofa con voce autotunizzata che procede con i classici intervalli ampi, melodici ma non troppo, ed evolve con una parte più ritmica alla Mahmood (ovvero, qualcosa che era “nuovo” nel 2019). L’impressione è che si voglia fare una sorta di versione più pulita (e dunque meno interessante) di Angelina Mango. In questo caso, il twist (ma senza esagerare) viene da un gusto un po’ Italia anni Ottanta nella melodia del ritornello, che – come spesso succede a Sanremo negli ultimi anni – c’entra poco con il resto della canzone. Andrà bene in radio.

VOTO 6

Willie Peyote - "Grazie ma no grazie"

A Sanremo c’è quasi sempre un pezzo che cerca di rifare l’arrangiamento di “Salirò” di Daniele Silvestri, e quest’anno potrebbe essere quello di Willie Peyote, con la sua fastidiosa chitarrina un po’ swing e il suo ancora più fastidioso testo, che castiga con una profondità da Movimento Cinque Stelle prima maniera vari costumi dell’oggi. Si citano, così fra le righe, l’asterisco al plurale, i politici e varia altra umanità dell’Italia contemporanea. Certo, con il dubbio che tutto sia una satira di chi critica il sistema sui social («c’è chi annuisce tra le frasi fatte, vince chi stupisce sempre a mani basse» si canta verso la fine), ma con la ragionevole certezza che sia, soprattutto, una paraculata per farsi notare in assenza di idee migliori.

VOTO 4

Noemi - "Se t'innamori muori"

Noemi presta la sua voce graffiata a una buona ballad pianoforte e archi firmata dalla premiata ditta Mahmood-Blanco. Visti gli autori, sarebbe lecito attendersi uno scarto rispetto allo standard-Noemi (che da quindici anni a questa parte canta tutte le canzoni come se fossero “Sally” di Vasco). Invece, a parte lo hook del titolo («Se t’innamori muori») c’è poco da annotare.

VOTO 6

Lucio Corsi - "Volevo essere un duro"

Di gran lunga il brano più fresco del Sanremo 2025, questo di Lucio Corsi, che si fa ricordare anche per un incipit fulminante: «Volevo essere un duro che non gli importa del futuro, un robot, un lottatore di Sumo, uno spaccino in fuga da un cane lupo alla stazione di Bolo». Viene in mente l’operazione Colapesce-Di Martino per qualche rimando al sound italiano vintage, ma l’operazione è meno esposta, meno ammiccante e postmoderna, e più leggera e autentica. Tenera, a suo modo.

VOTO 8

La citazione: «Volevo essere un duro che non gli importa del futuro, un robot, un lottatore di Sumo, uno spaccino in fuga da un cane lupo alla stazione di Bolo»

Rkomi - "Il ritmo delle cose"

Rkomi mette subito le cose in chiaro aprendo la e come nessuno ha mai aperto una e, e portando avanti con la sua caratteristica dizione il resto del brano. Che ricorda qualcosa di già sentito (ci aggiorniamo al prossimo ascolto), e che di certo andrà bene in radio.

VOTO 5.5.

The Kolors - "Tu con chi fai l'amore"

“Tu con chi fai l’amore” va sul sicuro e clona la formula “Italo disco” e “Un ragazzo e una ragazza” senza farsi troppi problemi: cassa dritta senza ritegno alla quarta battuta e ritornello dal sapore anni Ottanta che ammicca alla Carrà (“Come è bello far l’amore” e dintorni). La presenza di Calcutta fra i coautori (insieme al solito Davide Petrella) aggiunge al tutto una punta di  esistenzialismo indie («Mi piaci un minimo / mi aspetti a Mykonos»). Almeno, è un brano divertente e che non si prende troppo sul serio, in mezzo a palate di tristezza.

VOTO 7

La citazione: «Tu con chi fai l’amore e perché sale come un ascensore»

Rocco Hunt - "Mille vote ancora"

"Mille vote ancora" comincia un bambino che si ricorda «una strada un quartiere qualunque» e che «sogna pure se non ha niente», né mancano riferimenti alla mamma e «alla gente che muore per niente» per le vie di Napoli. Hook (“Mille vote ancora”) in minore, dal sapore un po’ latin. Insomma, un brano di Rocco Hunt.

VOTO 6 e Premio Rocco Hunt

Rose Villain - "Fuorilegge"

Apoteosi di quel cantare sincopato un po’ mahmoodiano tutto “in avanti”, in levare, “Fuorilegge” di Rose Villain riesce a infilare nel primo verso una percentuale di accenti spostati che neanche il Max Pezzali degli anni d’oro («Cosa faì mentre tuttì dormonò»). Come già nella precedente “Click Boom”, strofa e ritornello c’entrano poco l’una con l’altra, e alcuni incisi sembrano messi lì solo per poter funzionare su TikTok. E ci sono pochi dubbi che funzioneranno.

VOTO 5.5

La citazione: «Fuorileggé»

Brunori Sas - "L'albero delle noci"

Alla prima sanremese Brunori fa il cantautore classico: si firma da solo il suo brano (è uno dei pochi, in mezzo a squadre di coautori) e punta sull’autobiografico, con un brano in cui Francesco De Gregori parla dell’essere padre. Qualche trovata c’è, ma su tutto dominano un abuso di rime baciate e un clima buonista alla Mr. Rain. Probabile, comunque, migliori con gli ascolti.

VOTO 5.5

La citazione: «E nei tuoi occhi di mamma adesso splende una piccola fiamma

Serena Brancale - "Anema e core"

«L’eleganza viene dal basso, come il jazz» canta la cantante barese nella sua “Anema e core”, ma dell’una e dell’altro, qui, c’è davvero poco. Nonostante la fama e la formazione da jazzista, Serena Brancale si prende infatti il pezzo in quota “giostra con le catene” di Sanremo 2025, dove Ana Mena incontra “Sesso e samba” con una punta di electroswing alla pugliese. Praticamente, l’inferno.

VOTO 5

La citazione: «Ti penso tra le vie e quando vedo le scie delle barche in questo mare, carpe diem»

Irama - "Lentamente"

Un brano di Irama che si chiama “Lentamente” e si apre, prevedibilmente, come da titolo. Firma Blanco, che sommato alla classica dizione iramaniana e a molto Auto-Tune regala un ritornello emo-testosteronico che fa ci fa rimpiangere l’assenza di Ultimo.

VOTO 5

Marcella Bella - "Pelle diamante"

La rentrée di Marcella Bella è un pezzo sull’empowerment femminile che non vuole insegnare nulla a nessuno (Mannoia, impara!) e rimane a livello di piacevole divertissement. Comincia con un sequencer anni Ottanta un po’ storto, su cui si innesta una saltellante batteria elettronica in due. Poco altro succede nel resto della canzone, ed è un peccato: un po’ Loredana Berté, un po’ Donatella Rettore, un po’ Achille Lauro, il brano è gradevole. Solo che, purtroppo, Marcella Bella non è né Loredana Berté né Donatella Rettore, né, nemmeno, Achille Lauro, e manca un po’ di mordente. La vedremo dal vivo.

VOTO 6

Achille Lauro - "Incoscienti giovani"

Dopo non essere riuscito a clonare “Rolls Royce” negli ultimi Sanremo, Achille Lauro recupero il filone ballad della seconda parte della sua carriera (ad esempio in brani come “Roma”) con qualche apparente riferimento a “Tango” di Tananai e all’indie romano stile Carl Brave. Fra archi smarmellati e qualche inciso di sax, è subito "Grande raccordo anulare" di Guzzanti.

VOTO 6

Elodie - "Dimenticarsi alle 7"

“Dimenticarsi alle 7” è una canzone di sapore classico. Te la immagini cantata da una grande voce, ed Elodie tanto è efficace quando si applica a brani uptempo un po’ urban quanto è moscia se deve fare la Pausini. Scelta misteriosa e sconclusionata, alla vigilia dei concerti negli stadi.

VOTO 4

Tony Effe - "Damme 'na mano"

Tante polemiche sulla partecipazione di Tony Effe, per finire con un brano che sta a Califano come Achille Lauro sta a Venditti: una dichiarazione d’amore, abbastanza tediosa, a Roma, impersonificata in una donna. Praticamente un Lando Fiorini autotunizzato.

VOTO 4

La citazione:  «Damme ‘na mano, sinno me moro»

Massimo Ranieri - "Tra le mani un cuore"

Nell’anno delle ballatone, potevano mancare Nek e Tiziano Ferro? "Tra le mani un cuore" ha, almeno, una strofa interessante, che procede sinuosa su una base cupa, a cui segue incomprensibilmente un ritornello in maggiore vagamente sguaiato. Poi, almeno Ranieri le ballatone le sa cantare molto meglio della media dei suoi colleghi più giovani, e se la porterà a casa con dignità, ma meritava un pezzo migliore. Non manca, naturalmente, l’acuto finale.

VOTO 6

Sarah Toscano - "Amarcord"

A questo punto la memoria si confonde, e sembra di risentire il brano di Clara con cui abbiamo cominciato. Sarah Toscano – chi si chiedesse chi è: ha vinto Amici – non sembra destinata a farsi ricordare. Il brano ammicca, a partire dal titolo, al recupero retromaniaco della canzone italiana tardi settanta / primi ottanta, ma lo fa con poco gusto e molta tamarria. Tipo cantare i Matia Bazar ruttando.

VOTO 5.5

Fedez - "Battito"

Come era prevedibile, Fedez butta nel tritacarne mediatico di Sanremo un pezzo (autobiografico) che parla di depressione con la delicatezza di un intervento di Paolo Montero.

VOTO 4

Coma_Cose - "Cuoricini"

I Coma_Cose che fanno la Rappresentante di Lista, che fanno i Ricchi e poveri. Alla fine, a sorpresa, ne esce una canzone molto divertente, che andrà alla grande e che si farà ricordare anche in virtù, appunto, di tutta la depressione intorno. Poi, un giorno, gli storici della canzone rifletteranno su come i Coma_Cose si siano trasformati di brano in brano da raffinati indie alla moda nella versione hipster di Al Bano e Romina, ma per il momento… cuoricini!

VOTO 7.5

La citazione: «Ma tu volevi solo cuoricini cuoricini, pensavi solo ai cuoricini cuoricini, stramaledetti cuoricini cuoricini».

Giorgia - "La cura per me"

La tipica scansione ritmica di Blanco (anche qui autore), con quegli accenti spostati sempre in avanti, in bocca a Giorgia diventa un ircocervo misterioso. La cantante riesce a renderla quasi credibile, infiorettandola dei consueti giorgieggi (tm) per far quadrare il conto degli accenti che non tornano. Non tutto fila però, e si rimane con l’impressione che, nel tentativo di svecchiare Giorgia, l’operazione finisca con l’essere un po’ forzata. Insomma, «Può cantare tutto», ma anche no. Ad ogni modo, è una delle più accreditate vincitrici, anche in virtù del vuoto intorno.

VOTO 6

Olly - "Balorda nostalgia"

Un incipit autotunizzato e piacione su un sommesso loop di chitarra e pianoforte prelude a un ritornello coatto e dimenticabilissimo, al punto che a metà canzone mi sto già dedicando a recensire la prossima.

S.V.

Simone Cristicchi - "Quando sarai piccola"

Cristicchi a Sanremo fiuta il disagio come un cane da tartufo. E dunque non manca l’occasione di piazzare un pezzo sugli anziani affetti da Alzheimer, che vengono paragonati a dei bambini un po’ scemi. Siamo, per capirci, dalle parti della indimenticata “Nonno Hollywood” di Enrico Nigiotti, che pure aveva segnato un nuovo record sulla scala del disagio. Target di riferimento del pezzo: il lettore medio di Gramellini.

VOTO 4.5

Emis Killa - "Demoni"

Come da regola se sei un rapper a Sanremo (“Cenere” di Lazza docet) devi metterci un ritornello urlato, sguaiato e autotunizzato. Qui viene completato dalla classica strofa a cassa dritta, e da un testo che potrebbe essere stato generato da un’intelligenza artificiale istruita a pensare come un rapper italiano. Comunque, farà numeri importanti.

VOTO 5.5

Joan Thiele - "Eco"

Con una chitarra elettrica riverberata, un po’ “Bang bang” (che in effetti viene citata) un po’ film di James Bond, “Eco” di Joan Thiele si fa riconoscere come una delle canzoni meglio prodotte di questo Sanremo (alle manopole, del resto, c’è Mace, un esperto in commistioni fra contemporaneo e vintage). Non male anche lo sviluppo melodico, che guarda alla canzone italiana raffinata primi Settanta, un po’ alla Mina.

VOTO 7

Modà - "Non ti dimentico"

“Non ti dimentico”, ma in realtà sì nel secondo in cui il brano finisce.

VOTO 4

La citazione: «Sembravi una canzone che mi squarciava il pezzo. Un quadro di Kandinsky dove immaginarmi tutto»

Gaia - "Chiamo io chiami tu"

Fra le molte canzoni clonate, Gaia almeno infila un ritornello catchy con tanto di battimani («Chiamo io chiami tu chiami io chiami tu TA TA»), che coniuga un certo svacco latino con il tentativo di rifare il brano di Annalisa dell'anno scorso. Probabile non vada male post-Sanremo.

VOTO 6

Bresh - "La tana del granchio"

Il rapper ligure si inventa una strofa intrigante, su una chitarra da spiaggia malinconica, un po’ alla Coez. Il classico ritornello testosteronico uguale a quello di tutti gli altri rapper, però, rovina tutto.

VOTO 5

Francesca Michielin - "Fango in Paradiso"

Una canzone su una storia finita che almeno – complice, oltre a Michielin, Alessandro Raina fra gli autori – riesce a essere un po’ più personale della media, nonostante gli obblighi sanremesi. Che pure, non mancano: vedi alla voce “ritornello con archi, apri tutto, smarmella”.

VOTO 6.5

La citazione: «E va bene così, non mi aspetto niente di sensato, come quei cartelli gialli per terra con su scritto “Attenzione! Il pavimento è bagnato”»

Shablo feat. Guè, Joshua & Tormento - "La mia parola"

Una squadra di rapper della vecchia generazione con un brano ancora più old school, con inizio affidato a un coro simil-gospel, base boom bap e ritornello funk con snap di dita in levare. E c’è persino uno scratch! Tradizione con pochi acuti, buona per raccattare un po' di SIAE senza farsi notare troppo.

VOTO 6

 

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