Lawrence, un beautiful loser a spasso per Londra

Street-Level Superstar: A Year With Lawrence del giornalista Will Hodgkinson celebra uno dei grandi sottovalutati del pop inglese

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Lawrence con Will Hodgkinson
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Felt, Denim, Go-Kart Mozart, Mozart Estate: cos’hanno in comune questi 4 gruppi? Sono stati formati dal cantante nonché songwriter Lawrence Hayward – conosciuto solo col nome di battesimo. Il classico beautiful loser, uno che avrebbe potuto (e dovuto, aggiungo io) farcela e invece, per molti motivi, non ultimo il suo carattere, è andata diversamente. 

Il giornalista Will Hodgkinson ha trascorso un anno in sua compagnia per cercare di capire questa sconfitta: se ci sia riuscito non lo so, ma in ogni caso è nata una specie (scrivo così perché con Lawrence le cose non sono mai completamente chiare) di amicizia e Street-Level Superstar: A Year With Lawrence (Nine Eight Books) il frutto di quest’anno di frequentazioni, è anche la cronaca dell’ennesimo tentativo da parte del protagonista di ricostruirsi una vita, avendo già peraltro superato i 60 anni.

Lawrence

La prima volta che m’imbattei nel nome Felt era il dicembre 1982: ero a Londra e nel Virgin Megastore di Oxford Street comparve una pila piuttosto alta composta da un solo titolo, in vendita all’incredibile prezzo di 99p (poco più di 1.000 lire al cambio del momento). 

L’album, Pillows & Prayers, raccoglieva  artisti sotto contratto con l’etichetta Cherry Red Records e dunque trovarono spazio, tra gli altri, Tracey Thorn (come solista e in compagnia delle Marine Girls), quello che diventò il compagno della sua vita, vale a dire Ben Watt, loro due insieme come Everything But The Girl, Eyeless in Gaza, The Passage e, per l’appunto, Felt. Innamorarmene fu questione di tre minuti, la durata del brano “My Face is on Fire” che vi propongo immediatamente.

Mi misi alla ricerca di altro materiale e da Rough Trade scoprii che 10 (ricordatevi questo numero) mesi prima il gruppo aveva pubblicato un mini-LP, Crumbling the Antiseptic Beauty, aperto da questa meraviglia, “Evergreen Dazed”, in cui la chitarra di Maurice Deebank, tra Tom Verlaine dei Television e Vini Reilly aka Durutti Column, ci fa commuovere mentre guardiamo dai vetri la pioggia in un giorno d’autunno.

In quegli anni gruppi meno bravi dei Felt raggiungevano il successo e allora… No, niente da fare, i Felt non ce la fecero, malgrado l’appoggio abbastanza unanime della critica e un seguito, purtroppo ristretto, di fedelissimi (tra cui il sottoscritto). 

Lawrence darà una parte della colpa a John Peel, all’epoca influentissimo dj della BBC, a suo dire colpevole di aver ignorato o quasi le uscite discografiche del gruppo. Ci saranno altri bei lavori – due fra tutti, quello del 1984, The Splendour of Fear, album contenente 6 brani, di cui solo due con parti cantate, e quello dell’anno successivo, Ignite the Seven Cannons, prodotto da Robin Guthrie dei Cocteau Twins, la cui compagna di gruppo Elizabeth Fraser compare in quella che è forse la canzone più famosa scritta da Lawrence, “Primitive Painters”. 

La faccio breve: il gruppo si sciolse nel 1989 dopo aver pubblicato 10 album e 10 singoli (ammetto di avere un debole per l’autismo light di Lawrence).

Lawrence è la più grande pop star a non avercela mai fatta, i suoi sogni di gloria sono stati ostacolati negli ultimi cinque decenni dalla sfortuna e dall’auto-sabotaggio. Superata la boa dei 60 anni ha intrapreso una nuova missione: sfuggire alla povertà, all’oscurità e all’umiliazione dei ragazzini alla fermata del bus che ridono di lui, realizzando il grande sogno della sua vita, vale a dire scrivere una smash hit. Ma qual è il prezzo di un sogno? A ben vedere è proprio questo il vero argomento di Street-Level Superstar e scopriremo che per Lawrence è stato alto, quasi estremo, avvicinandolo di fatto al protagonista del romanzo del 1890 Fame dello scrittore premio Nobel Knut Hamsun. 

Street-Level Superstar: A Year With Lawrence è un viaggio approfondito all’interno della psiche di uno dei musicisti britannici più eccentrici. L’autore Will Hodgkinson ha passato un anno intero in compagnia di Lawrence, tempo trascorso soprattutto passeggiando per le strade di Londra. Queste lunghe camminate servivano come ricerca d’ispirazione per i suoi testi ma erano anche l’unica forma di svago che Lawrence potesse permettersi e tollerare.

Lawrence è un groviglio di nevrosi, fobie e ossessioni, e Hodgkinson sceglie di documentarle attraverso le parole dello stesso Lawrence. La sua relazione col cibo è particolarmente inquieta, apparentemente esistente solo col tè con molto latte e con marche specifiche di liquirizia. All’inizio può capitare di domandarsi se c’è un nome per ciò che Lawrence sta attraversando, una sindrome o qualcosa del genere, ma procedendo con la lettura si sospetta che probabilmente Lawrence è affetto da un insieme di disturbi più che da una sola malattia ben individuata.

La sua concentrazione determinata nell’avere una hit ha generato un uomo che vive da solo in un appartamento comunale in affitto e la cui vita è attraversata da una grande sofferenza. Le sue nevrosi sono così forti che lui ha abbandonato le relazioni e le lotte col cibo: insomma, è condannato a una vita di povertà, solitudine e trascuratezza.

«Mi piace starmene in compagnia di me stesso. Della parte relativa al sesso dopo un po’ te ne dimentichi. E a dirla tutta non ero, com’è che lo chiamate?, un arrapato. Ero un two-minute wonder. Le donne non stanno perdendo chissà che cosa» - Lawrence

Per quanto le sue scelte siano state e continuino a essere discutibili, è impossibile arrivare alla fine del libro senza provare affetto nei suoi confronti. Lawrence è ugualmente patetico e ammirevole, è eloquente e disponibile a proposito della sua vita, e dunque è il soggetto perfetto per un libro come questo, in cui ha la possibilità di parlare liberamente, con una regia appena accennata da parte di Hodgkinson. Ci sono molte persone che non avrebbero tratto beneficio da questo approccio, persone che non sarebbero riuscite a farsi capire bene quando la loro conversazione sconclusionata fosse stata annotata nel corso di molti mesi, ma Lawrence è divertente, auto-denigratorio e sufficientemente aperto da risultare piacevole dove altri avrebbero potuto rivelarsi irritanti.

Se nella sua vita non ci sono stati molti momenti clou, quelli infelici sono arrivati troppo spesso: Lawrence è stato un senzatetto, accettato in un gruppo psichiatrico e dipendente dall’eroina, punti che non ha paura di toccare. 

«Il successo è passare da un fallimento all’altro senza perdere l’entusiasmo» - Winston Churchill 

L’autore (ma forse dovrei dire co-autore perché Lawrence è un po’ più del protagonista di questo volume) è sufficientemente sensibile da non premere troppo su questi argomenti, la sua ammirazione nei confronti del suo soggetto è evidente lungo tutto il corso del libro.

Street-Level Superstar ha una specie di lieto fine: un tema che corre attraverso tutto il libro è quello della ricerca di una sede idonea per esibire una scultura della testa di Lawrence eseguita da Corin Johnson. Alla fine, dopo che molte opportunità apparentemente promettenti venute meno o abbandonate, la testa è incredibilmente esposta, anche grazie all’intervento di un’ereditiera della famiglia Guinness. Una folla si raduna per la presentazione, inclusi colleghi di Lawrence come Peter Astor dei Weather Prophets, Bobby Gillespie dei Primal Scream e Miki Berenyi dei Lush, insieme ad altre persone che hanno gravitato nella sua orbita.

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Hodgkinson si rende conto che «malgrado tutte le sue affermazioni sull’essere un ragazzo da solo, quelle persone erano suoi amici…a cui lui piaceva, a cui forse ispirava persino amore». Dopo aver letto Street-Level Superstar, saranno in molti a provare questo sentimento per lui. Del resto come si fa a non amare uno che ha espresso il desiderio di fare un disco con Charli XCX? Idolo!

«Non riesco a immaginare Bruce Springsteen mentre ti racconta di come preferisca pisciare all’aperto anziché in un orinatoio. Infatti non succede, ne sono certo!» - Will Hodgkinson (con Lawrence è successo, il libro comincia proprio così) 

P.S. Lawrence era già stato il soggetto del documentario Lawrence of Belgravia, diretto da Paul Kelly e uscito nel 2012.

P.S. 2 Street-Lever Superstar è stato incluso nella lista preliminare per il Penderyn Music Book Prize, "il Mercury Prize dei libri" secondo New Musical Express, insieme a Pressure Drop: Reggae In The Seventies di John Masouri, di cui ho scritto su queste colonne alla fine di gennaio.

P.S. 3 C’è stato un momento in cui Lawrence avrebbe potuto farcela, aveva in mano la canzone che gli avrebbe finalmente dato il tanto agognato successo mainstream: agosto 1987, ci siamo, il singolo è pronto, esce poco prima della fine del mese, le radio lo trasmettono, quand’ecco che il 31 agosto la Principessa Diana muore a Parigi in un incidente automobilistico, le radio smettono di trasmettere il singolo dei Denim e le copie già stampate vanno al macero, con conseguente esaurimento nervoso di Lawrence. Perché? Che legame c’è tra i due avvenimenti? La canzone s’intitola “Summer Smash”, successo estivo, ma anche incidente estivo. Se non è sfiga questa… 

 «Sono uno che scrive canzoni, è quello che devo fare. Per quanto a lungo io debba rimanere seduto in questa stanza senza soldi, non importa quante volte la polizia butti giù la mia porta per vedere se sono ancora vivo, io non posso ammettere di non essere un artista» - Lawrence

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