Riflessi di Infinito Nero
Distico sciarriniano al Festival fiorentino alla Sala Vanni
La rassegna Suoni Riflessi alla sua XXI edizione ha dedicato un incontro e un concerto al compositore palermitano Salvatore Sciarrino - presente in sala - ; uno fra i più acclamati della scena contemporanea (per citare tre riconoscimenti: Accademico di S. Cecilia, Accademico delle Arti a Berlino, Leone d’oro alla carriera per la Biennale di Venezia).
La scelta del direttore artistico Mario Ancillotti cadeva su “Le voci sottovetro”, elaborazione da Gesualdo da Venosa per voce e ensemble e “Infinito Nero,” frammenti da Maria Maddalena de’ Pazzi: estasi in un atto per mezzosoprano e strumenti. Ambedue scritte nel 1998, sono opere unite sia da una coerenza d’ispirazione temporale, che di soggetto, benché diversissime nel linguaggio utilizzato (curiosità: Gesualdo Principe da Venosa e Maria Maddalena de’ Pazzi erano nati a meno di un mese di distanza, 8 marzo-2 aprile 1566).
Gesualdo e la sua arte madrigalistica, riconosciuta da tutti i compositori come fra le più alte e visionarie dell’intero repertorio, veniva rivisitato (‘sottovetro’) attraverso un filtro che potremmo definire anamorfico, per usare una parola cara a Sciarrino: le linee vocali assegnate con pregio di sapienza coloristica agli otto strumenti - tranne una, alla bravissima soprano Livia Rado - come fissate attraverso un vetro a volte trasparente (i legni ‘parlanti’, flauto, corno inglese), a volte acidato, lievemente opaco (archi sugli armonici, o al ponticello), con effetti di grande eleganza, ben restituita da un ensemble di eccellenti strumentisti.
Infinito Nero parte da una fascinazione raccontata dal compositore stesso nell’incontro del sabato sollecitato dalla sapiente guida di Alberto Batisti: i frammenti di parole estatiche o inaudite, pronunciate da Maria Maddalena, seguìta, o inseguita si direbbe, da sue consorelle che tali parole ripetono, mentre altre consorelle assistono, addette alla loro trascrizione.
Frammenti di dialogo, o delirio, su cui è imbastita una trama di silenzi e parole spezzate, di respiri, affanni e sospiri, rimandi fra voce e strumenti per dar voce e suono a un silenzio denso e abitato: esperienza di accorato accoglimento di un divino che scuote. Aspro anche l’impegno e la concentrazione richiesti al pubblico da una precisa e intensa esecuzione dell’ensemble, diretto con mano sicura da Mario Ancillotti. Cordiale successo.
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