Venga a prendere il caffè dai Bach

Al Teatro Malibran in scena la “Cantata del Caffè” di Johann Sebastian Bach e “Bach Haus” di Michele Dall’Ongaro con allievi di canto e orchestra del Conservatorio veneziano

Bach Haus
Bach Haus
Recensione
classica
Venezia, Teatro Malibran
Bach Haus, La cantata del caffè
16 Marzo 2023 - 18 Marzo 2023

Quest’anno la collaborazione fra il Teatro La Fenice e il Conservatorio “Benedetto Marcello” di Venezia abbandona le riscoperte musicologiche delle passate stagioni (dal teatro di Albinoni fino allo Scipione nelle Spagne di Caldara della scorsa stagione) per un omaggio al sommo Johann Sebastian Bach nella cornice del Teatro Malibran. Si comincia con la celebre cantata “Schweigt stille, plaudert nicht”, più nota come “Cantata del caffè”, per proseguire con lo stravagante intermezzo Bach Haus di Michele Dall’Ongaro e testo di Vincenzo De Vivo, per un’oretta scarsa di spettacolo destinato principalmente alle scuole.

Nella prima, che ha la struttura molto prossima a quella di un intermezzo settecentesco, si racconta della sfrenata passione di Liesgen per il caffè, molto alla moda anche nella Lipsia di Bach, abitudine stigmatizzata dal burbero padre Schlendrian. Lei insiste nel suo vizio poiché il caffè è “più dolce di un migliaio di baci”, ma davanti alla minaccia del padre di non farla sposare cede, anche se, mentre il padre va a cercarle marito, Lieschen fa mettere nel contratto nuziale che sposerà solo chi le permetterà di cedere al suo vizio ogni volta che lo vorrà. Morale della storia: “come un gatto non smette mai di prendere un topo, le ragazze non smetteranno mai di bere il caffè.”

Anche Bach Haus ricalca la forma del tipico intermezzo settecentesco, nonostante il lavoro risalga al 2000, anno del debutto al Teatro Nazionale commissionato dall’Opera di Roma. Si tratta di un anacronistico “divertissement” in forma di pasticcio (abbondano le citazioni, da Bach a Mozart fino a Puccini), che prende spunto dalla visita dell’impresario in angustie, come da tradizione, Nibbio, a Casa Bach per implorare il compositore di scrivere un’opera per il suo “teatro assai elegante / da Venezia non distante” dopo il forfait di Johann Adolph Hasse. Dopo aver decantato le doti del caffè in forma di tarantella, Anna Magdalena prova a dissuaderlo ma poi cede davanti alle sue insistenze. A poco valgono però le sue suppliche al grande compositore: Bach si dichiara poco versato per l’opera e intollerante ai capricci di primedonne e castrati e lo mette alla porta, ma non prima di proporgli di scritturare il figlio “Gian Cristiano”. Umiliato e offeso, Nibbio rifiuta e lascia Casa Bach, mentre il compositore con i figli, fin là artefici di “un vero trambusto, un caos strumentale”, intona l’incipit del primo dei Concerti brandeburghesi.

L’allestimento del Malibran “fatto in casa”, attingendo cioè alle forze interne al teatro, è diretto da Emanuele Gamba, che firma una regia spiritosa e leggera nello spazio unico e mobile disegnato da Alessia Colosso come un mondo di note con una divertente teoria di caffettiere di ogni sorta e forma in fila sul proscenio. Gli intonati costumi di Carlos Tieppo propongono un Settecento reinventato in maniera spigliata e scherzosa.

Qualche inciampo nell’Orchestra da camera del Conservatorio “Benedetto Marcello” di Venezia preparata e diretta da Giovanni Battista Rigon, che curiosamente sembra più a suo agio e sciolta nell’eclettismo anche strumentale dell’intermezzo di Dall’Ongaro che nelle geometrie musicali della cantata bachiana. Lo stesso vale per il doppio trio di interpreti, tutti allievi delle classi di canto del Conservatorio veneziano, in scena nell’unica recita pomeridiana non destinata alle scuole. Se nella cantata di Bach si distingue davvero solo la luminosa Liesgen di Veronica Prando, mentre lo Schlendrian di Samy Timin e il narratore di Xie Linting soffrono di più di un impaccio vocale e non solo, nell’intermezzo è il Bach di Marcus Bezerra a risultare vocalmente ancora un po’ acerbo mentre Anna Magdalena di Alessia Camarin e Nibbio di Wang Sanlin offrono entrambi prove già più che mature.

Qualche vuoto in sala. Accoglienza calorosa.

 

 

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