La musica come una donna danzante
Con L’Anima e la Danza il pianista Emanuele Torquati esplora tematicamente repertori che vanno dal Settecento agli anni Duemila
Dodici composizioni diluite in trenta tracce, un’ora e venti minuti di ascolto, nove autori con opere che vanno dal 1713 al 2018. Ad un approccio superficiale questo nuovo lavoro discografico del pianista Emanuele Torquati potrebbe apparire un progetto enciclopedico, rischiosamente caotico. Il titolo L’Anima e la Danza ci dà in qualche modo una mano per orientarci nella complessa proposta di Torquati. Chiamiamolo, il suo, un programma a tema dove il musicista mette assieme, assembla repertori pianistici lontani nel tempo ma che rimandano a stimoli danzanti, come ad aspetti introspettivi, interiori, che suscitano, provocano interpretazione e ascolto musicale. Naturalmente questi due componenti si mischiano ampiamente, si confondono fino a farci piacevolmente perdere nella ricerca oltre ogni schematismo, oltre suono e senso. «…Alcuni brani interpretati non hanno una stretta attinenza tematica con la Danza, ma hanno invece una relazione con l’Anima. In fondo questa componente essenziale dell’essere umano ha un ritmo interiore silenzioso e un movimento inestinguibile…». Ce lo ricorda così il pianista nelle note di copertina quanto la scelta repertoriale si muova anche da motivazioni profondamente emozionali e poetiche. Non a caso L’Anima e la Danza è il titolo di un’opera, degli anni Venti del Novecento, dove il poeta francese Paul Valéry disegna la Vita come una donna danzante.
Se vogliamo provare a leggere le proposte del pianista milanese come un grande affresco omogeneo nella sua unità tematica ma esteticamente diverso nei dettagli, negli aspetti stilistici, nelle forme e nei colori, partirei dalla cornice. Il disco si apre e si chiude con Maurice Ravel, Pavane pour une infante Défunte (1899) e gli otto movimenti di Valses nobles et sentimentales (1911) sono immerse perfettamente nella ricerca tematica. C’è la danza, la pavana e il valzer, c’è la forza esistenziale dei sentimenti. Elementi sviluppati con poetiche diverse, la Pavane opera giovanile leggera e dolente con uno svolazzo melodico accattivante che torna, i valses dove la filigrana elegante della forma risplende. Torquati legge Ravel con una particolare sensibilità nel tocco ritmico ma ricercando probabilmente, attraverso un sofisticato controllo di sfumature e volumi, più l’anima.
Restiamo in Francia ma facciamo un bel salto indietro nel tempo. Di François Couperin riscopriamo tre brevi composizioni tratte dai Pièces de clavecin (1713-1730) che ci sorprendono tanto per la loro modernità quanto per la limpida bellezza, la fluidità armonica, la stupenda sonorità di ogni passaggio dal sapore bachiano, con tutte le misteriose intenzioni simboliche e descrittive della musica del periodo. Torquati mette poi in fila tre Berceuse, quella di Fryderyk Chopin del 1843, quella di Francesco Filidei del 2018 e quella di Ferruccio Busoni del 1907, potrebbe apparire una provocazione ma in realtà risulta un utile esercizio la verifica così ravvicinata di differenti aspetti compositivi e sensibilità rispetto a questa forma musicale. È come passare senza soluzione di continuità tra mondi sonori, un viaggio affascinante nel quale Torquati ci guida con tocco magistrale, una immersione introspettiva che esalta lontananze ma sottolinea possibili convergenze tra classicismo e contemporaneità. Dal virtuosismo romantico e il timbro spumeggiante di Chopin attraverso la trama onirica, gli spigoli astratti e magicamente sospesi di Filidei, fino all’inquietudine di Busoni in una grande intuizione innovatrice del linguaggio pianistico. Tre lampi di bellezza.
Del compositore inglese George Benjamin Torquati ci offre un’opera del 2004 Piano Figures-Ten short pieces for piano. Dieci brevi messaggi in bottiglia, rigorosi, schematici, probabilmente più indirizzati al gesto pianistico (che immaginiamo) che alla ricerca di una reale immersione meditativa (che stentiamo a percepire). Convincono di più i Trois Petites Etudes Mélancoliques (1991) di Gérard Pesson, tre piccole introverse gemme di suono che emergono da un silenzio avvolgente che si rivela il vero protagonista. E anche qui Torquati mette in gioco tutta la sua ricca frequentazione dei repertori della musica d’oggi.
Se completiamo l’affresco con altre due pregevoli pennellate, In principio era la danza (1989) di Niccolò Castiglioni e Nocturne n.13 opera119 (1921) di Gabriel Fauré, possiamo affermare senza dubbi che con L’Anima e la Danza Emanuele Torquati ci offre un progetto di ampio respiro culturale e di profonda sensibilità esecutiva disegnato in un coraggioso e visionario assemblaggio tematico.