A Rieti L’ultima estate di Marcello Filotei, cronache di un terremoto e memorie di un mondo che non c’è più
Questa “opera” sarà rappresentata in quattro città delle quattro regioni colpite dal terremoto del 2016: dopo Rieti verranno Foligno, Fermo e L’Aquila
Sono passati cinque anni dal sisma che il 24 agosto 2016 colpì l’Italia centrale, causando la morte di centinaia di persone e la distruzione totale di tanti piccoli paesi delle valli dell’Appennino. Nessuno è rimasto insensibile a quella tragedia, ma è diverso averla vissuto personalmente, come è successo a molte, moltissime persone, tra cui Marcello Filotei, che quella notte ha perso entrambi i genitori e tanti amici e conoscenti. Su quei tragici fatti ha scritto un libro, L’ultima estate, pubblicato nel 2019 con il raro dono di un’introduzione scritta da Papa Francesco. Poi, poiché Filotei è un compositore e la musica è il suo mezzo privilegiato d’espressione, ha tratto da quel libro un’opera.
Come spiegano il compositore stesso e Vincenzo De Vivo, che ha dato forma drammaturgica a quel libro, bisogna intendere “opera” nel senso più ampio e generale del termine, mentre altre definizioni, come Via Crucis laica, sono state scartate perché sarebbero state più precise e stringenti e proprio per questo potevano risultare non esattamente corrispondenti a quel che intendevano fare. Si sarebbe anche potuto definirla “cronaca in musica”, perché, sebbene intinta nel dolore, la penna di Filotei non mette in piazza sentimenti personali - troppo intimi, troppo forti, inesprimibili - ma piuttosto racconta i tragici avvenimenti che ha vissuto e che parlano da soli e coinvolgono profondamente tutti gli ascoltatori. Inizia con la fredda ma impressionante cronaca dei giorni e dei mesi del ricovero di sua sorella in ospedale, la cui vita era appesa a una congerie di tubicini e macchinari, e poi passa, senza seguire un ordine freddamente cronologico, al suo viaggio notturno in automobile da Roma a Pescara del Tronto appena saputo del terremoto, ai ricordi della sua vita in quel paesino isolato tra i monti, alla rievocazione - affettuosa e, perché no? sorridente - di alcuni personaggi caratteristici e anche curiosi che popolavano quel piccolo mondo rimasto fuori dal tempo, e al percorso tra le macerie del paese per raggiungere il cumolo di detriti che era la propria casa, finendo con la voce di un volontario della protezione civile che dice che lì sotto ci sono delle persone, ma alcune non rispondono più. Tutto è raccontato nel modo più semplice, fino alle ultime due parole: “Ciao, mamma”.
Il testo è letto da Greg - sì, proprio il Greg del duo Lillo & Greg - con il tono giusto, controllato ma non freddo, partecipe ma non melodrammatico. I quattro giovani cantanti dell’Accademia di Arte Lirica di Osimo non interpretano dei personaggi ma intervengono come gruppo per intonare un moderno madrigale su Sopra un basso rilievo antico sepolcrale di Leopardi, i cui versi si alternano al testo di Filotei per introdurre un’alta meditazione poetica sulla morte.
Le parole e la musica sono strettamente intrecciati ma l’orchestra - a parti reali, densa e allo stesso tempo leggera - può aggiungere qualcosa che le parole non possono dire. Nell’introduzione si avverte l’eco lontana di antichi canti tradizionali, che rievocano il mondo pastorale che ancora sopravviveva in quelle valli, che il terremoto ha spazzato via e che non potrà risorgere mai più. Nel primo episodio l’orchestra imita sia il battito cardiaco che i ticchettii e i fruscii delle macchine che tengono in vita sua sorella: ma non è semplicemente un’onomatopea, perché quei suoni scandiscono anche il tempo che passa ed evocano la voce inesorabile del fato, che nei confronti della sorella è stato alla fine benigno. Più avanti l’orchestra è percorsa da scricchiolii, come le strutture di quelle case secolari che cominciano a cedere e infine crollano.
Il Bruno Maderna Ensemble - tredici strumentisti, tutti docenti o allievi del Conservatorio di Fermo - è diretto con gesto attento e preciso da Gabrile Bonolis. La mise en espace di Cesare Scarton è essenziale e si basa principalmente sui motion graphics di Flaviano Pizzardi, che mostrano immagini astratte e anche alcune immagini del terremoto ma soprattutto evocano atmosfere
L’ultima estate è dunque un lavoro complesso ma sembra semplice e può essere seguito facilmente da tutti, sicuramente grazie ai contenuti che non possono lasciar nessuno freddo e indifferente ma anche grazie all’alto artigianato artistico con cui è realizzato.
Alla fine applausi prolungati, calorosi e commossi. E più di un occhio lucido.
Dopo la rappresentazione al Teatro Flavio Vespasiano di Rieti, L’ultima estate verrà replicata in ognuna delle altre regioni colpite da quel sisma: a Foligno il 23 novembre, a Fermo il 25 e a L’Aquila il 30.
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