Salento musicale in movimento con i nuovi dischi di Canzoniere Grecanico Salentino e Mascarimì; su declinazioni di moto prevedibili e imprevedibili, ma comunque in movimento – ed è questa la prima bella notizia.
Sappiamo che molto del dibattito contemporaneo sui gruppi di quello che un tempo si definiva “folk revival” battono e ribattono su un chiodo ostinatamente risoluto a non entrare nel legno della discussione, con esiti apodittici e sterili: l’annosa questione dell'autenticità. Nessuna tradizione può rimanere ferma, per il semplice motivo che ogni tradizione è articolazione e negoziazione di materiali che vengono comunque riaffrontati criticamente, perfino quando si crede di conservarne una “essenza”, nessuna innovazione è immune dal movimento complessivo della società, ed è mero atto romanticamente “individualistico”. Dunque, sulla questione dei gruppi che comunque fanno riferimento alla “pizzica tarantata” e dintorni sarebbe il caso, per quanto possiamo, di giudicare dai risultati estetici, senza peraltro fingere che tali esiti siano supportati dalla temperie che si vive.
I due nuovi dischi del Canzoniere Grecanico Salentino e di Mascarimì, appunto, si prestano ottimamente a quanto accennato in introduzione. Sono frutto di musicisti e intellettuali che da molto tempo lavorano, comunque, sul concetto di “tradizione”. Vivono la tradizione con la consapevolezza di vivere nel terzo millennio, in un mercato globale e locale – e questo è il senso di tutte le note “popular”, non meramente “popolari” – e con le orecchie aperte ad ogni stimolo che possa tornare “utile”: nel senso di arricchire di significato il proprio operato.
Meridiana (Ponderosa Music) è il titolo del nuovo lavoro del Canzoniere Grecanico Salentino, un disco difficile da pensare, per il carico di responsabilità che ha comportato l’essere eletti con Canzoniere, quattro anni fa «Miglior gruppo di world music al mondo» (e si noti quel “world music”, le parole hanno un peso), e l’aver calcato il palco della Royal Albert Hall.
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Dunque si trattava di alzare il tiro rimanendo se stessi. Missione compiuta, e non per usare una formula trita e ritrita. Coproduzione tra Mauro Durante, colonna portante della band e il grande Justin Adams, l’uomo che da diversi anni struttura il suono “neofolk” di Robert Plant, e che qui peraltro dà una mano anche nel suono con presenza e discrezione assieme in un paio di brani.
Meridiana sta a indicare la rotazione continua tra passato e futuro, luce e buio, con il suo puntare l’ombra dello gnomone metallico su un presente che è solo un’utile e praticabile illusione per noi tutti. Ecco allora un basso profondo emulato da un sintetizzatore, l’uso del bouzouki, e il lavoro a distanza con i Red Baraat, gruppo banghra indiano di stanza a New York per rimpolpare di suoni dal Punjab – i grandi tamburi dhol, la tripletta di fiati, compreso l’arcaicizzante sousaphone che venne usato nei primordi del jazz – la "Pizzica Banghra". E l’intervento di un immenso Enzo Avitabile in "Tic e Tac", scritta a quattro mani dallo stesso musicista napoletano e da Durante.
Poi un tuffo in quel passato che può anche essere una scheggia di futuro, ricoprendo di nuovi panni il corpo ossuto di "Ntunucciu", che compariva sul primo disco del Canzoniere, anno di grazia 1977. Gran lavoro, si sarà compreso.
Un altro grande lavoro arriva dai Mascarimì con Elettro Mascarimì, sottotitolo esplicativo: “Music for Dancing” (Arra Produzioni Mediterranee).
Si tratta di un nuovo progetto strutturato essenzialmente da Claudio “Cavallo” Giagnotti durante i mesi della pandemia e del lockdown, non a caso quando si sentiva di più il distacco da quelle forme di cultura materiale partecipata che sono i concerti dove si abbatte ciò e che gli antropologi chiamano “distanze di evitazione rituale”, e i corpi si avvicinano nella danza. Ecco allora il ceppo tutto dei balli sul tamburo a cornice del Salento a incrociare altre musiche di trance nel gioco di rimbalzi tra le sponde mediterranee e oltre, in un equilibrio pulsante e ben diretto tra strumenti acustici (tamburelli, bendir, flauti ney, le corde dell’oud, ad esempio) ed elettronica.
C’è la pizzica, ci sono i trascinanti ostinati ritmici delle confraternite Gnawa, la musica popolare Chaabi che fece da fonte anche per il Pagani di Crêuza de mä, echi di latinoamericani filtrati in appoggi ritmici del forrò, della cumbia, del calypso, e una palpitante confusione di lingue che si intrecciano: il salentino, il francese, l'inglese, l'arabo, il polacco.
Si tratta insomma, di una sorta di compimento “necessitato” dalla pandemia di un percorso che il leader dei Mascarimì ha iniziato in tempi non sospetti oltre due decenni fa, con Taranta Trance, alla ricerca di nuove prospettive sonore che riunissero piste stilistiche (ed esistenziali, in fondo) considerate lontane.
Ascoltato di fila, il flusso di Elettro Mascarimì avvince e convince. Si apre, anche qui, una nuova finestra di presente affacciata sul futuro.