Certe figure di persone che operano in campo artistico sembrano essere portatrici sane di quello che in terra tedesca definiscono Zeitgeist, spirito del tempo. Se provate un affondo nello ”spirito del tempo” dell'Italia a fine anni Settanta, quella magnificamente indagata con antenne letterarie, storiche e sociali da Wu Ming in Ufo 78, e nello specifico nell’Italia musicale di quegli anni, scoprirete un gran fermento di tutto quel mazzo sfavillante di musiche che, da lì a poco, si sarebbe convenuto di chiamare con un termine unificante e largamente impreciso, ma tant’è: world music.
Internet non c’era, c’era qualche collana i dischi storici dedicata ai suoni popolari e altri (ad esempio i Dischi del Sole), c'era Radio Tirana che faceva ascoltare strane melopee mediterranee da quella faglia musicale in movimento che erano e sono i Balcani. Mauro Pagani raccoglieva idee e spunti da lì, che poi sarebbero confluiti in Crêuza de mä.
Anche la Francia aveva dato il suo apporto significativo, in quelle prime passeggiate sonore negli immensi patrimoni popolari rivisitati, senza mappe e senza guide, senza blog e senza podcast.
L’aveva fatto con una figura singolare di “riscopritore” di tradizioni bretoni, Alan Stivell. Poi arrivò la magnifica Veronique Chalot. Nata in Normandia, nel Nord francese, a Le Havre, il 16 gennaio del 1950, poi vissuta a Rouen e infine a Parigi, dove comincia ad interessarsi alle note antiche e popolari della sua terra.
Dalla sua ha una voce cristallina e gonfia d'armonici, simile, nelle timbriche, a quella delle regine del coevo neofolk britannico: Sandy Denny, Jacqui McShee. Ma ben presto padroneggia anche diversi strumenti musicali non proprio consueti, all'epoca, oltre alla chitarra: il dulcimer, la spinette dei Vosgi, cetra trapezoidale con due fori armonici, la ghironda, l'autoharp.
Nel 1974, ventiquattrenne, e dopo aver partecipato al primo Festival Folk Internazionale di Parigi, Veronique Chalot approda in Italia, e precisamente in quel Folkstudio romano che si sta organizzando anche come etichette discografica: lì, dal vivo, incide il suo primo lp ufficiale, La Chanson de Provence.

A quel punto la sua vita si snoda tra la Francia e L'Italia, base scelta Firenze. A Veronique non interessa tanto o solo esibirsi: le interessa il dialogo, l'associazionismo, il volontariato, il contatto con gli studenti e con le associazioni democratiche che lavorano sul territorio. Diventa un punto di riferimento e un tesoro vivente di conoscenza per quei canti bretoni, della Piccardi, dei Pirenei, provenzali che rivelano una formidabile polpa sonora” spesso lambendo le regioni oscure di quelle che gli anglosassoni chiamano “murder ballads”, altrettanto spesso creando affondi significativi e raccordi con la musica antica caduta nel dimenticatoio.
Un giorno incontra gli allora assai giovani musicisti e ricercatori che fanno capo alla nascente Materiali Sonori: ne nasce un rapporto semplice e diretto, un idem sentire che la porta a registrare due dischi capolavoro, curati dal compianto Luciano Morin: J’ai vu le loup, 1978, e A l'entrée du temps clair, 1979.
La accompagnano due diverse formazioni, entrambe assai valide e sulla medesima lunghezza d'onda della grande Chalot.

Non sono mai passati di moda quei due dischi: ma la bella notizia è che ora per la prima volta Materiali Sonori ha ristampato entrambi i lavori in compact disc. Bella e curiosa scelta, in un momento in cui si ristampa, a carissimo prezzo, quasi solo su lp. E un bel regalo per chi ama la praticità degli ormai “storici" compact disc da modernariato.
Chalot, poi, tenne centinaia di concerti, partecipò alla fondazione dell’Atelier musicale di Danze tradizionali "Incontro dei Gruppi di Ricerca Etno-Musicale" (con musicisti e danzatori da Francia, Italia, Irlanda), e la ritroviamo nel Centro Culturale di Firenze F.L.O.G per la documentazione e la diffusione delle tradizione popolare.
In Francia torna nel 1989, si stabilisce tra Tolosa e i Pirenei, e a quel punto focalizza studi e musica sulla musica antica e di corte. Nel 1999 crea l'ensemble Volubilis, dedito a note medievali e del Rinascimento, ben testimoniate nell'incisione Entre cours et jardins per la Arc en Ciel, del 2000. Prima ancora c’era stato il Vexiana Duo, a caccia di radici musicali, con la grande violista da gamba Brigitte Grenet.
Veronique se n’è andata nel 2001, a settantuno anni. I due cd con le ristampe dei suoi lavori giovanili, ha dichiarato Giampiero Bigazzi della Materiali Sonori, «sono come fiori d’amore». Offerti a chi è giovane oggi, non solo a chi ha bei ricordi.