Due raccolte pubblicate a otto anni di distanza l’una dall’altra dall’etichetta tedesca Habibi Funk hanno contribuito a far conoscere in Europa il nome del musicista algerino Ahmed Malek, specializzato nella creazione di colonne sonore, al punto da essere etichettato come il “Morricone algerino”.
Jannis Stürtz, DJ berlinese nonché proprietario di Habibi Funk, ha creato queste due raccolte, Musique originale de films volumes 1 & 2, dopo un duro lavoro: «Poca gente lo conosceva, quando in realtà in molti conoscevano la sua musica perché ha segnato l’Algeria post-coloniale. L’idea di trovare e ristampare il suo materiale era diventata per me un’autentica ossessione».
Ahmed Malek, è lui la colonna sonora dell’indipendenza algerina
È il 2012 e Jannis comincia a seguire le tracce del musicista originario di Bordj El Kiffan, cittadina non distante da Algeri, dove nacque il 6 marzo del 1932: è un lavoro d’inchiesta degno dei migliori film di genere polar, quelli che a ben vedere avrebbero potuto essere musicati proprio da Ahmed Malek, compositore e musicista il cui nome e suono restano associati a Vacances de l’inspecteur Tahar, poliziesco parodistico del 1972.
Nondimeno fermarsi a quel film sarebbe sottovalutare la portata delle sue colonne sonore originali (più di duecento tra film, documentari e trasmissioni televisive). Membro dell’orchestra sinfonica della radiotelevisione algerina da subito dopo l’indipendenza, Ahmed Malek ha fornito l’accompagnamento a satire sociali, a film più impegnati o ancora a uno spaventoso documentario sull’esodo rurale, Les Déracinés.
Sua madre muore quando lui ha dodici anni, costringendolo ad andare a lavorare in fabbrica per aiutare suo padre a mantenere la famiglia. Ciò non impedisce a questo appassionato di musica di frequentare assiduamente il conservatorio e di salire tutti i gradini della musica fino alla direzione d’orchestra. A partire dagli anni Quaranta diventa conosciuto come fisarmonicista, per poi approcciare, nel decennio successivo, il mondo dell’opera fino a essere addirittura decorato dall’astronauta Yuri Gagarin.
Malek ha rappresentato a più riprese l’Algeria in eventi internazionali come l’Esposizione Universale in Giappone, Canada, Spagna e Cuba, dove ha avuto modo di trascorrere del tempo in compagnia di Fidel Castro. Approfitta di questi viaggi per cercare, come un vero digger, dischi per trovare suoni differenti, singolari e rari. È per questo motivo che la musica che componeva non per i film era il frutto di una sperimentazione costante, con campionamenti di rumori quotidiani e prove elettro-acustiche. Purtroppo non troverà mai il tempo per inciderla su disco.
Gli anni Settanta sono l’età d’oro di Malek, le colonne sonore si susseguono e la sua scrittura va via via raffinandosi.
«Comporre una buona musica da film è come per un sarto cucire un abito su misura. Per quanto mi riguarda, la musica provoca, a seconda dell’occasione, emozioni e riflessioni. Gli strumenti o gli effetti sonori sono là per esprimere ogni sorta di cose: i sogni, la paura, il deserto, l’azione… Io detesto la musica d’atmosfera, spesso insignificante e inutile per un film; quel genere fatto di “grandi violini al chiaro d luna” che non fanno altro che sottolineare…» - Ahmed Malek
A questo proposito è sufficiente ascoltare la colonna sonora spettrale e barocca da lui composta per Le Silence des cendres, film in bianco e nero realizzato da Youcef Sahraoui nel 1976, tutta giocata su contrasti avvincenti.
La prima selezione elaborata da Jannis Stürtz per Musique originale de films (2016) è effettivamente distante anni-luce da qualsiasi cliché: uno swing rilassato come non mai, un soffio impressionista, un’inclinazione per l’obliquo, lontano dalle rigidità del mainstream.
A seconda dell’occasione, l’arrangiatore osa il grande scarto stilistico, dal jazz più psichedelico agli intrecci melodici immersi nel pop, dalle rotondità ondeggianti della bossa al fervore da partenza in quarta del funk… Tuttavia può lanciarsi in una specie di nouba arabo-andalusa, a corde e darbuka spiegate che evocano la potenza penetrante del taarab come avviene in “La Ville”, altro tema maiuscolo.
Come ha scritto il boss di Habibi Funk sulla pagina Bandcamp, la musica di Malek riesce a creare un mood davvero speciale: melanconico e riflessivo, commovente e toccante, ma mai deprimente. Anche se non abbiamo mai visto i film per cui lui ha creato la musica, quest’ultima fa immediatamente nascere immagini nella nostra fantasia.
Nel 2017 l’etichetta tedesca pubblica The Electronic Tapes, raccolta di diciassette brani piuttosto brevi (soltanto due superano i tre minuti), esperimenti elettronici fatti da Malek negli anni Ottanta impiegando l’Atari 1040 ST e le prime versioni del software Cubase.
Trascorsi tre anni dalla pubblicazione della prima compilation – avvenuta grazie all’incontro, dopo anni di ricerche, con Hénia, figlia di Ahmed, scomparso nel 2008 –, Habibi Funk commissiona alla regista franco-algerina Paloma Colombe un documentario su Ahmed Malek: il risultato sarà Planet Malek, venti minuti dedicati alla ricostruzione della vita e dell’opera del musicista algerino e girati in gran parte nel suo appartamento di Algeri, all’epoca abitato dalla figlia.
«La cosa più importante per me era effettivamente riuscire a evocare grazie alle immagini le emozioni provocate dalla musica e viceversa, non di fare un biopic cronologico. La mia priorità era di attualizzare la musica de Malek, dunque di creare un legame, dei ponti, tra passato e presente. Tutto questo passa attraverso la città di Algeri, oggetti, persone come sua figlia, che creano questo ponte» - Paloma Colombe
E arriviamo alla fine di giugno di quest’anno, quando Habibi Funk mette sul mercato il secondo volume di Musique originale de films, tredici brani che diventano venticinque se si acquista il box set contenente un terzo volume con dodici brani aggiuntivi (tutti i brani sono ascoltabili su Bandcamp).
Le incisioni selezionate fanno riferimento agli anni Settanta e a quelli iniziali degli Ottanta ed erano custodite in uno scatolone di master tapes che Hénia ha consegnato a Jannis Stürtz.
Anche in questo caso la musica svaria senza sforzo apparente tra jazz a tema, tracce di afro-jazz alla Mulatu Astatke, funk e folk algerino, controbilanciata da una venatura di melanconia, ma c’è spazio anche per il reggae, il pop e l’amata bossa. Algeri, Berlino, Yuri Gagarin, Fidel Castro, Ahmed Ben Bella, Ennio Morricone ma anche Piero Piccioni: forza, il cous cous è pronto ed è ben speziato!
«Non sono io ad aver scelto la musica, è la musica che ha scelto me» - Ahmed Malek