«Che cosa cerca nelle sue composizioni?»
«Niente.» – Bruno Maderna, intervista con Martin Cadieu, 1962
Hanno ragione Angela Ida De Benedictis, Michele Chiappini e Benedetta Zucconi, curatori di Amore e curiosità. Scritti, frammenti e interviste sulla musica (il Saggiatore 2020, 880 pp., € 61). Ci vuole ostinazione, molta aggiungerei, per raccogliere, convogliare e organizzare in un tomo di quasi novecento pagine scritti, interviste, pensieri, musica e visioni di uno tra i maggiori compositori, direttori d’orchestra, divulgatori della "nuova musica" del secondo Novecento.
Ci vuole anche la saggia pazienza di chi sa cosa vuole e si prende il tempo necessario: sono passati quasi venti anni dalle prime stesure, per superare dubbi, approfondire nuovi materiali e consapevolezze, per riflettere con occhi diversi su significati che parevano acquisiti ma nel tempo hanno assunto direzioni sorprendenti. Curatori che con pari amore e curiosità, aggiungerei coraggio e rigore, hanno portato in fondo un’opera corposa, necessaria, che attraverso i metodi dell’indagine sociale, divisa in quattro parti ("Parole sulla musica" - "Scritti sulle opere e trascrizioni" - "Per un ritratto di Bruno Maderna: estratti dalla corrispondenza" – "Appendici") rende giustizia, esalta lo spessore di un intellettuale che come gli stessi affermano nell’introduzione «non ha “ancora” fatto scuola poiché il suo tempo, in fondo, deve ancora venire». Questa scommessa editoriale potrebbe rappresentare un avvicinamento ideale a questo tempo.
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Bruno Maderna (Venezia 1920 – Darmstadt 1973) allievo di Gian Francesco Malipiero per la composizione e di Hermann Scherchen per la direzione d’orchestra attraversa purtroppo un breve segmento temporale della musica contemporanea ma vi lascia un segno indelebile, ancora in gran parte da approfondire in tutte le sue declinazioni. Di qualche anno più anziano di Berio, Nono, Stockhausen, Boulez e Pousseur con loro condivide l’idea di un’arte nuova che trovò proprio ai Ferienkurse di Darmstadt (dove Maderna risiederà) un laboratorio straordinario. La diaspora che dissolse quel sodalizio di grandi menti visionarie addolorò molto Maderna che credeva fermamente nello spirito primigenio che accese nel dopoguerra quella esperienza unica. Ma il musicista veneziano si discosta in buona parte da quei compagni di viaggio per un senso costante della memoria della musica del passato – dirigerà infatti anche l’antico, il classico e il romantico – tanto che Berio scrive di Maderna «era forse l’unico a Darmstadt che possedesse il senso della storia. Era corpo e anima nel presente e sognava un futuro ma aveva radici profondissime nella storia» (in Scritti sulla musica, Einaudi 2013).
«Maderna era forse l’unico a Darmstadt che possedesse il senso della storia. Era corpo e anima nel presente e sognava un futuro ma aveva radici profondissime nella storia» – Luciano Berio
Senso della storia che emerge in un breve scritto della fine degli anni Quaranta – dove in una visione pessimistica «in questo clima spirituale privo di convincimenti morali ed estetici, nessun valore è veramente universale, nessuna fede più ci accomuna» – Maderna evoca idoli abbattuti, confronta la ricerca fine a se stessa con la posizione conformista neoclassica o neoromantica, amplificando la necessità di una sintesi «fra lirismo del dramma attuale e moralità della tradizione». Nella riforma dei mezzi espressivi della Seconda Scuola di Vienna, la serie dodecafonica come mezzo unificatore tra polifonia ed espressionismo, cita anche Bartók, Stravinskij, Malipiero e Hindemith, questi ultimi, secondo lui, coloro che hanno raggiunto questa sintesi «in un modo che ha dell’eroico e dell’umano insieme». Sul passato Maderna torna anche nella conversazione con Norma Beecroft del 1965. Nella sottolineatura del carattere “biologico” della tradizione che considera catalizzatrice, impulso per andare avanti. Per Maderna non esistono gerarchie, né di linguaggi, né di forme e culture musicali, ma un insieme di relazioni nelle quali la memoria assume un peso determinante contro i rischi insiti di uno sterile sperimentalismo e una forzata complessità.
La sensibilità acustica di Maderna, la «sua fame per il suono» per dirla con Mila (Maderna musicista europeo, Einaudi 1976), non poteva non incontrare le possibilità creative offerte dalle prime esperienze elettroacustiche. Quando nel 1955 con Luciano Berio dà vita allo Studio di Fonologia presso la sede Rai di Milano, Maderna è forte delle esperienze fatte presso lo Studio di Colonia. «L’incontro con il mezzo elettronico ha messo in moto una vera e propria rivoluzione nella mia relazione personale con la materia sonora. Da allora ho dovuto, per così dire, reimpostare da zero il metabolismo intellettuale del compositore» (1957) Qualche anno dopo, 1959, troviamo espresso in un breve scritto il concetto di “Musica su due dimensioni” – che è anche il titolo di un suo lavoro per flauto e registrazione stereofonica – dove Maderna chiarisce il termine dimensione come forma di comunicazione tra mezzi tradizionali e mezzi propri del suono elettroacustico. Ma il musicista veneziano si avventurò con risultati notevoli anche nella pratica del mezzo elettronico puro come in Le rire e Tempo libero.
Ripensando a quanto scrisse Luigi Pestalozza su Maderna – «rivoluzionò la figura del musicista che secondo lui non doveva più essere soltanto compositore, o esecutore o altro […] Criticò e rifiutò, col suo stesso comportamento, le vecchie gabbie del lavoro musicale diviso» (in L’opposizione musicale, Feltrinelli 1991) – ritroviamo spesso nel tomo riferimenti diretti o indiretti a questa contestualizzazione. Soprattutto quando gli interlocutori stimolano Maderna sulle difficoltà di fruizione della musica contemporanea. Problematica che esplode per esempio nell’intervista del 1970 con Günter Engler. Il musicista veneziano denuncia una falla culturale nel pubblico della classica che non avrebbe elaborato gli elementi di connessione tra l’epoca di Wagner, Brahms e la contemporaneità. Una mancanza di consapevolezza che si potrebbe rimediare con programmi di concerto che evidenzino le fasi di passaggio, quindi più Debussy, più Reger, più Mahler, musica del Novecento fino alla contemporanea. Sollecitato poi dall’intervistatore sul fatto che la gente lamenta di non capire i nuovi linguaggi Maderna sbotta con «Ma lei crede che la gente capisca la Sinfonia Jupiter?».
«Ma lei crede che la gente capisca la Sinfonia Jupiter?» – Bruno Maderna
Questo Amore e curiosità è il risultato di un profondo, mai freddo e burocratico, lavoro di ricerca critica e filologica, catalogazione, capacità di rendere su carta materiali che per la carta non erano nati, che va letto soprattutto come preziosa testimonianza. Testimonianza che lontana da ogni tentazione celebrativa attraverso la voce narrante ironica e graffiante del compositore, del direttore d’orchestra, del divulgatore, dell’intellettuale a tutto tondo, del girovago curioso che pochi mesi prima della scomparsa dichiarava «insisto nel dire che i musicisti dovrebbero fare a meno di parlare» ci rende la sua umanità, apertura mentale e sorprendente attualità. Per fortuna i musicisti parlano anche e spesso rimettono in gioco certezze, luoghi comuni, riaccendono riflessioni su tematiche, tecniche, pratiche ed estetiche non solo musicali che sopivano sotto le ceneri di un certo immobilismo.
«Insisto nel dire che i musicisti dovrebbero fare a meno di parlare» – Bruno Maderna