Tommaso Luison, danzare con il violino
A Padova il concerto in solo del violinista e musicologo Tommaso Luison, tra Tartini e i ballabili delle Dolomiti
A Padova, la Loggia e l’Odeo Cornaro sono fra le cornici più affascinanti ed acusticamente efficaci per musica e rappresentazioni teatrali, fatte costruire appositamente per spettacoli e concerti da Alvise Cornaro nella prima metà del XVI secolo. Da una quindicina d’anni l’associazione La Torlonga cura la riapertura al pubblico di questi due gioielli architettonici e, insieme ad Amici della Musica, propone una rassegna estiva di appuntamenti musicali preceduti da visite guidate.
A distanza di un anno dal precedente concerto solista, è tornato sul palco della Loggia Cornaro, all’aperto, Tommaso Luison con il programma "Danzar tra quattro mura": musiche per violino di Giuseppe Tartini, Johann Sebastian Bach ed alcuni ballabili di area dolomitica.
Con un violino barocco suonato a suo tempo dallo stesso Tartini, Tommaso Luison ha dedicato al maestro Giovanni Guglielmo l’apertura del concerto con una suite di brani poco noti di Tartini, tratti da un manoscritto autografo. Il violinista ha ripreso quelli che hanno per matrice il ballo, selezionando per il concerto del 23 luglio un minuetto e due gighe. In Italia la giga era arrivata nel corso del Seicento e da ballo collettivo si era trasformata in una danza di corteggiamento declinata in diverse variazioni regionali, aprendosi una via nelle suite strumentali. Forse anche per questi motivi, in Italia resterà viva oltre la metà del Settecento quando comincia ad essere meno frequentata nel resto d’Europa.
Al pubblico, Luison ha spiegato come Giuseppe Tartini, all'inizio dei movimenti di sonata o concerto, annotasse motti in scrittura crittografata che suggeriscono all'esecutore l'affetto di quella specifica composizione e invitano a prenderne in considerazione anche lo sviluppo armonico, per esempio il progressivo allontanamento dall’impronta maggiore iniziale come accade nella Giga in Sol "Sperai vicino il lido". Tommaso Luison si dedica da anni allo studio del repertorio di Tartini e nel proporne le composizioni sa trasmetterne tutta la complessità generata dalla complementarietà fra la ricerca di un incedere articolato ed energico e all’attenzione per le dinamiche espressive e di delicatezza quasi contemplativa. La scrittura di Tartini valorizza all’estremo le caratteristiche dello strumento e, nelle mani esperte di Tommaso Luison, permette di coglierne tanto la cantabilità quanto l’ampio spettro di soluzioni armoniche e dinamiche.
La seconda parte del concerto ha offerto ai presenti la personale risposta del violinista ai limiti causati dal periodo di confinamento originato dall’epidemia di Covid. Come trasformare i limiti in opportunità? Per Tommaso Luison l’intuizione è stata quella di andare con la memoria ai primi decenni del secolo scorso e alle valli dolomitiche dove si sapeva suonare e ballare in casa, nelle Stube. Il ballo era considerato peccaminoso? consentito solo nel periodo di Carnevale e in occasioni di festa? Bene, senza farlo sapere al prete, si poteva sempre ballare in casa.
Di quel periodo e di quelle danze Tommaso Luison ha avuto un’esperienza di prima mano una decina di anni da quando insieme a Roberto Tombesi e Francesco Ganassin ha curato per l’editore Nota Ballabili antichi per violino o mandolino. Un repertorio dalle Dolomiti del primo ‘900. Insieme avevano ricostruito il contesto storico e musicale cadorino a partire da quattro preziosi quaderni di annotazioni musicali che hanno dato vita ad un volume con la trascrizione di 115 melodie dal primo quaderno e la registrazione di un album con 34 brani eseguiti dal settetto Calicanto insieme a Luison: un’occasione unica per ascoltare danze largamente diffuse (valzer, polca, schotis, quadriglia, monferrina, gavotta, mazurca, galop, varsovien), insieme ad altre poco o per nulla conosciute (subiotto, concier di testa, berlingozza, pia, bettina, lavandera...). Luison ha trovato proprio in questo lavoro e nella tradizione del ballo in casa una delle risposte vitali al confinamento e l’ha ripreso in mano e arrangiato per costruire una suite di danze per violino solo, presentata per la prima volta al pubblico nel concerto del 23 luglio. Nella scelta dei brani ha selezionato un Subiotto, in apertura, Monferrine, Dammariotto Aucel Valzer e una Polca come brano finale, inframmezzandoli con un Valzer riferito a due musicisti popolari: Titta della Scola e Toni Perarola. La maggiore linearità melodica di questo repertorio è stata valorizzata da un’esecuzione attenta alla sua cantabilità che sembrava invitare a lasciare le sedie per dar vita a un ballo fisico e non solo immaginario. Luison ha contribuito a renderne viva la storia orale condividendo frammenti dei dialoghi intrecciati in Cadore con Marino De Lotto, depositario dei manoscritti.
Un concerto per violino solo centrato sul repertorio per danze non poteva che tornare al Settecento e rimettere in gioco la terza Partita per violino solo di Johann Sebastian Bach articolata in sei movimenti: Preludio, Loure, Gavotte en Rondeau, Minuetti (I e II), Bourrée, Giga. Senza dirlo esplicitamente, questo passaggio suggerisce un collegamento fra le quattro mura di casa e lo spazio extraterrestre: la Gavotte en Rondeau dalla terza Partita in Mi maggiore fa parte dei brani inseriti nel Voyager Golden Record, i due dischi “lanciati” come messaggi in bottiglia col Voyager decollato nel 1977. Seguire la Gavotte en Rondeau è un po’ rileggere la storia della musica, basti pensare che questo repertorio bachiano per violino solo ha ricominciato a essere presentato dal vivo solo nella seconda metà dell’Ottocento quando le sonate di Beethoven danno nuova legittimità estetica alle composizioni articolate in una molteplicità di movimenti che rimandano alle danze, con l’allemanda in funzione di primo movimento, la sarabanda che offre lo spazio per un movimento lento, in tensione rispetto ad altre danze più dinamiche in chiave di minuetto o scherzo, e la giga che poteva assumere il ruolo di finale veloce. Bach in tal senso è una miniera e le sue partite offrono venti diversi movimenti e nove tipi diversi di danze: allemande, bourrée, correnti, sarabande, minuetti, loure, gavotte, gighe, chaconne.
La gavotta, al centro dei sei movimenti, diviene il motore dei venti minuti di musica della terza Partita ed è la più lunga fra quelle scritte da Bach. Viene aperta dalla sezione di rondeau che offre alla danza cicli di otto pulsazioni che con maestria vengono sviluppate negli accenti e nell’armonia, mettendo in evidenza nei diversi passaggi la relativa minore, la dominante, ed un’ambigua cadenza che riporta al rondeau. Una capacità di giocare con l’armonia e di plasmarla in funzione del singolo movimento che accomuna Bach e Tartini, altrimenti distanti nei rispettivi e personali lessici. La partita bachiana sa creare nel suo sviluppo tensioni e passaggi memorabili per poi chiudere con una giga solare che alterna frasi articolate lungo quattro o otto misure che restituiscono tutta la sapiente capacità interpretativa del solista. In questo caso si tratta della giga più breve scritta da Bach e forse della sua preferita, quella che riprese per ulteriori arrangiamenti.
Insieme, i tre momenti del concerto disegnano tre contesti musicali diversi che l’arte violinistica di Tommaso Luison sa rendere estremamente godibili sia per la perizia interpretativa (e l’attenzione per l’intonazione dello strumento in uno spazio aperto), sia per la capacità di offrire elementi di continuità, soprattutto nella cura delle dinamiche e della cantabilità melodica. Per il bis si torna a Tartini con la splendida Sonata in La minore.
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