Oltre 300 operatori si ritroveranno a Novara dal 12 al 15 di settembre 2019 per la European Jazz Conference: è la prima volta in Italia della fiera dei professional del jazz più importante del continente.
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Abbiamo colto l’occasione della European Jazz Conference per porre a 8 direttori e direttrici artistiche europee 5 domande sul proprio lavoro e sulla propria visione. Si tratta di Pierre Dugelay (Le Périscope – Lyon, Francia), Sunna Gunnlaugs (Reykjavik Jazz Festival, Islanda), Emily Jones (Cheltenham Jazz Festival, UK), Kenneth Killeen (12Points, Irlanda), Martyna Markowska (JazzArt Festival – Katowice, Polonia), Jan Ole Otnaes (Victoria Nasjonal Jazzscene – Oslo, Norvegia), Frank van Berkel (BIMHUIS – Amsterdam Olanda) e Wim Wabbes (Handelsbeurs – Gent, Belgio).
Per questa terza puntata (qui, qui e qui le puntate precedenti) abbiamo chiesto ai nostri curatori perché è importante per loro partecipare a iniziative come la European Jazz Conference.
Che cosa significa per un programmatore partecipare a un evento come la European Jazz Conference?
Pierre Dugelay (Lione): «Périscope è membro di Europe Jazz Network da più di un anno ormai e la nostra attività internazionale si è mossa di conseguenza. Abbiamo sempre creduto che il nostro lavoro andasse guardato da una prospettiva più ampia, come accennavo prima, nel senso di una prospettiva europea. I nostri progetti di scambio tra Bogotà e Lione, nel 2017, l’attuale progetto JazzConnective con Birmingham, Londra, Ljubljana, Dublino e Helsinki, così come la Conference, sono tutti luoghi di cooperazione, dove imparare a essere più efficienti e farsi venire nuove idee per affrontare le sfide che ci attendono. Una cosa ovvia per i musicisti da sempre, ma che sta diventando centrale anche per i direttori artistici e chi lavora nel jazz a vario titolo».
Sunna Gunnlaugs (Reykjavik): «È una straordinaria opportunità per incontrare altri direttori artistici e programmatori, per imparare gli uni dagli altri, per trovare ispirazione e espandere i propri orizzonti. Crea opportunità per stringere rapporti tra le persone e per crescere assieme».
Emily Jones (Cheltenham): «È uno spazio eccellente per incontrare i colleghi di tutta Europa, scoprire gli interessi comuni, nuovi artisti dall’estero, nonché conoscere la città che ospita la Conference».
«Senza che io citi quella parola che inizia con la “B”, credo sia davvero vitale per le organizzazioni britanniche rimanere a stretto contatto con i colleghi Europei di questi tempi…».
«Abitualmente cogliamo l’occasione della Conference per lavorare a stretto contatto con altri festival europei che si tengono nello stesso periodo di Cheltenham, per condividere informazioni, suggerimenti sui musicisti e nuove idee realizzabili. Senza che io citi quella parola che inizia con la “B”, credo sia davvero vitale per le organizzazioni britanniche rimanere a stretto contatto con i colleghi Europei di questi tempi…».
Kenneth Killeen (Irlanda): «Essere interconnessi nell’affollata autostrada di questo network significa muoversi tutti meglio. Impariamo molto gli uni dagli altri, ci fidiamo reciprocamente e facciamo affidamento sugli altri come estensione della nostra stessa identità curatoriale. È una cosa potente e con tutto quello che sta succedendo in Europa, è fantastico sapere che ci sono organizzazioni che si somigliano in ogni nazione e con cui si può connettersi e dare ogni giorno un senso alla forza del jazz. Trovarci tutti una volta l’anno è, in parti uguali, “stato dell’Unione”, oasi nel deserto e lo stimolo fondamentale per continuare il nostro lavoro».
Martyna Markowska (Katowice): «Un senso di profonda immersione nella discussione, sia dal punto di vista pratico che filosofico è quello che la Conference comunica. Questo rende così eccezionale e indispensabile esserci per tutti, è il solo momento che ci offre un vero dibattito intellettuale e risposte alle questioni più terra terra».
«È il solo momento che ci offre un vero dibattito intellettuale e risposte alle questioni più terra terra».
Jan Ole Otnaes (Oslo): «Partecipo a molti meeting di questo tipo ogni anno e trovo fondamentale incontrare colleghi con cui discutere e scambiare idee, così come con cui sviluppare nuovi progetti e collaborazioni. Importantissimo è anche il programma di showcase, che ci tiene aggiornati sui nuovi talenti delle diverse nazioni».
Frank van Berkel (Amsterdam): Oltre agli interventi degli ospiti e alle possibilità di networking, essere parte di Europe Jazz Network e della European Jazz Conference significa sentirsi parte di qualcosa di più grande. Siamo lì insieme, abbiamo ideali e ambizioni in comune e condividerle rafforza, il metterle insieme dà rilevanza alla scena cui appartieni, che rimane pur sempre una nicchia.
«Essere parte di Europe Jazz Network e della European Jazz Conference significa sentirsi parte di qualcosa di più grande».
Wim Wabbes (Gent): «La European Jazz Conference mette insieme tante persone creative: ci scambiamo idee sui programmi, sui modelli di business, sugli strumenti di comunicazione e molto altro. Ci sediamo insieme in gruppi di lavoro a discutere determinati temi e per imparare gli uni dagli altri. Poi ci sono interessanti contributi da parte di personalità che ci portano nuove intuizioni e, ovviamente la musica, scoprirne di nuova e fantastica… il cuore del nostro lavoro».