Sentire la danza, toccare il teatro, condividere l’arte
Inaugurato il progetto RegioInsieme del Teatro Regio di Parma dedicato agli spettatori sensibili
Dopo aver passato un pomeriggio e una serata assieme a un gruppo di persone acute, simpatiche e spassose – alcune delle quali erano anche cieche o ipovedenti – ospite dell’incontro inaugurale del progetto RegioInsieme del Teatro Regio di Parma, mi sono venute alla mente alcune parole di Gilles Deleuze, raccolte nel suo L’immagine-tempo (Ubulibri 2004): «Una situazione puramente ottica e sonora non si prolunga in azione più di quanto non sia indotta da un’azione.»
Sebbene Deleuze avesse come oggetto della sua trattazione il cinema, la relazione tra “azione prolungata” e “azione indotta” mi pare descriva bene l’esperienza vissuta nelle diverse fasi di questa meritoria iniziativa che, in questo primo appuntamento, ha coinvolto quindici disabili visivi in un progetto realizzato dal Teatro Regio di Parma in collaborazione con UICI – Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti Sezione di Parma.
Vedere la danza con gli occhi della mente: questo l’obiettivo ambizioso ideato da Elena Di Giovanni con la collaborazione di Francesca Raffi, in occasione della presenza al Regio della compagnia Aterballetto che ha chiuso la stagione 2019 di ParmaDanza con uno spettacolo su musiche di Johann Sebastian Bach.
Il percorso di scoperta e conoscenza del mondo teatrale ha preso avvio dalla visita del palcoscenico dove gli ospiti hanno potuto conoscere lo spazio dell’azione dei danzatori, gli elementi scenici, il tappeto e i costumi, accompagnati con descrizioni accurate e riscontri tattili dai professionisti del Regio parmigiano – addetti, tecnici, maschere, tutti si sono rivelati, appunto, veri professionisti per competenza e disponibilità – per poi sparpagliarsi tra le poltrone della platea e, infine, conoscere le strutture del teatro e dei suoi diversi spazi con l’ausilio di tavole tattili posizionate nel Foyer Toscanini e appositamente commissionate dal Regio al Museo tattile statale Omero di Ancona,
Dopo aver “toccato il teatro”, a seguito di una pausa di ristoro preserale condita da alcune bontà locali e tante piacevoli chiacchiere, siamo passati a “sentire la danza”. Protagonisti della serata sono stati gli artisti della Fondazione Nazionale della Danza / Aterballetto e i musicisti dell’Ensemble Sentieri Selvaggi, impegnati in Sarabande e Domus Aurea, spettacoli firmati rispettivamente da Jiří Kylián e Diego Tortelli, fruibili agli spettatori ipovedenti o ciechi grazie alle audio-descrizioni, scritte da Francesca Raffi in collaborazione con Aterballetto e con l’UICI, registrate dalla voce di Carla Lugli.
In sala, in attesa dell’avvio o nel corso dello spettacolo, la voce ora descrittiva ora narrante ha saputo evocare la struttura, i movimenti, le figure che di volta in volta abitavano il palcoscenico, differenziando il suo approccio tra la prima e la seconda sezione dello spettacolo.
Johann Sebastian Bach ha quindi visto rivestire i suoi intarsi melodico-armonici – dalla Partitan.2 alle Suite francesi– riscoprendosi oggetto di una narrazione evocativa capace – a prescindere dalle sensazioni individuali, più o meno condivise dal pubblico presente – di legare in uno stesso luogo, in una stessa condivisione dei disegni fisici dei danzatori, in uno stesso ritmo sentito, ascoltato e narrato, quel legame caratteristico della comunità umana evocato da Oliver Sacks nel suo testo Musicofilia (Adelphi, 2009): «A volte i neuroscienziati parlano di “problema del legame”, il processo mediante il quale percezioni diverse o diversi aspetti della percezione sono integrati e unificati. […] Proprio come le rapide oscillazioni neuronali stabiliscono il legame fra diverse parti funzionali all’interno del cervello e del sistema nervoso, allo stesso modo il ritmo stabilisce il legame fra i sistemi nervosi dei singoli individui appartenenti a una comunità umana.»
In altre parole, condividere il ritmo, la musica che ne scaturisce, il gesto o l’arte in genere – qualsiasi arte, con qualunque mezzo essa si esprima – rappresenta un atto di comunione umana che merita di essere coltivato, sempre.
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