Nella scuola di Sarastro
Perplessità e poi successo a Firenze per il “Flauto Magico”
Recensione
classica
Dopo una mezz'ora del “Flauto Magico” che si dà all'Opera di Firenze, riproponendo lo spettacolo di Damiano Michieletto per la Fenice, eravamo rassegnati all'ennesima regia – rilettura, rilettura tirata come una coperta troppo corta: Tamino e Pamina scolari di una scuola all'antica con le Tre Dame suore, Papageno bidello e, chissà perché, anziano, Monostato bulletto onanista - pure ! - e Sarastro preside severo ma giusto (e la Regina della Notte ? vicepreside dissidente ?), il tutto nella solita scena “rigorosa”, o mortificata a seconda dei punti di vista, un grande stanzone con un arredo da scuole pie anni Cinquanta e un'enorme, incombente lavagna... le solite cose insomma, e ci eravamo quasi rassegnati a chiudere gli occhi e goderci il Mozart moderno, asciutto e vigoroso di Roland Böer – ma che bell'arte dell'accompagnamento fin dall'aria di Tamino ! - che ci era piaciuto tanto un anno fa nel “Così fan tutte”, anche se qui presidiava un cast un po' diseguale e mostrava qualche iniziale squilibrio. Ma poi - quasi che, se è lecito, Michieletto si fosse ricordato di essere il regista capace di estro che è - lo spettacolo trova la sua strada, si fa più arioso, arguto e parlante, finendo per conquistare nella bizzarra e misteriosamente ammaliante scena con i Due Armati – istruttori di scherma, molto ben diretta, cantata e recitata, per non dire dell'evocazione della prole papagenica ventura, cinque minuscoli bidelli con le loro scopettine, e intanto anche la musica ha preso più fascino e più colore. Alla fine successo per tutti e in particolare per i due migliori, i delicati e intensi Tamino e Pamina, Juan Francisco Gatell e Ekaterina Sadovnikova, ma ricordiamo anche la vibrante Regina della Notte di Olga Pudova. Repliche con questo e altro cast fino al 29 marzo.
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