Come suona Melissa

La Aldana, giovane talento del sax tenore, a Umbria Jazz Winter

Foto © Roberto Cifarelli
Foto © Roberto Cifarelli
Recensione
jazz
Umbria Jazz Winter Orvieto
31 Dicembre 2013
All’interno del composito cartellone di Orvieto, i nomi emergenti da non lasciarsi sfuggire e da sottoporre ad opportuna verifica erano due: la cantante Cecile McLorin Salvant, che già nel luglio scorso a Perugia era stata ospite della Lincoln Center Orchestra pilotata da Wynton Marsalis, e la tenorista ventiquattrenne Melissa Aldana. Quest’ultima, cilena da tempo trasferitasi negli Stati Uniti, ha studiato al Berklee College of Music di Boston, ha collaborato con Greg Osby ed ha vinto la prestigiosa Thelonious Monk International Competition, che nel 2013 era riservata ai sassofonisti. La sua concezione compositiva è risultata già fortemente caratterizzata: i suoi original, decisamente preferibili all’interpretazione degli standard, si basano su temi veloci e ripetitivi intervallati da break o su sinuose ballad dalla matura espressività emotiva. A ben vedere, frutto di una precisa scelta è anche il fatto di guidare un pianoless trio sulle orme degli amati Sonny Rollins e Joe Henderson. Ad Orvieto, a differenza che nel cd [i]Second Cycle[/i] edito nel 2012 e nel tour che nel prossimo aprile la riporterà in Italia per alcune date, era sorretta dai bravi David Wong e Carl Allen, rispettivamente contrabbasso e batteria. Il suo sound, prevalentemente lineare, quasi afono, si è riscaldato in toni morbidi nel registro grave dello strumento, mentre lo smaliziato fraseggio ha incluso veloci scale, digressioni e citazioni. Ne è risultato un linguaggio tutt’altro che pedissequamente mainstream, ricco ma non spericolato, anzi consapevole e sorvegliato, che può assimilare la giovane sassofonista di Santiago ad alcuni maestri del passato come a protagonisti dell’attualità; un linguaggio che tuttavia ha margini per un ulteriore irrobustimento e per una più personale sintesi espressiva.

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