Il Cavallo perde il pelo ma non il vizio

Neil Young in concerto con la sua storica band, tra nostalgia e provocazione

Recensione
pop
Stoccarda
22 Luglio 2013
Sono le 21 spaccate quando Neil Young e i fedeli Crazy Horse (Billy Talbot, Ralph Molina e Frank “Poncho” Sampedro) fanno il loro ingresso nel palazzetto dello sport più capiente della motor city tedesca, non pienissimo ma dalla temperatura decisamente tropicale. E sin dai primi minuti di esibizione il vecchio loner canadese mette subito in chiaro le cose: va bene la nostalgia, ok i vecchi successi, ma un po’ di provocazione, anche a 67 anni suonati, non può mancare. Ecco allora che, dopo le note di "A Day in the Life" dei Beatles, parte l’inno nazionale tedesco, accolto dal pubblico di Stoccarda con una certa divertita titubanza. Ma nemmeno il tempo di chiedersi il perché di una simile scelta che parte il classico show del Cavallo Pazzo, tutto assoli, elettricità e massimo volume: si parte con "Love and Only Love", cui seguono la vecchia "Powderfinger" e alcuni brani tratti dall’ultimo, sorprendente disco [i]Psychedelic Pill[/i] (la title track, un’interminabile"Walk Like a Giant"). Ma il tempo è giunto per un'altra dose di provocazione elettrica, venti minuti abbondanti di feedback e noise chitarristico in puro stile [i]Arc[/i]. Seguiti, per spiazzare ancora, da un set acustico in completa solitudine ("Human Highway", "Heart of Gold" e la dylaniana "Blowin’ in the Wind", vecchio pallino di Young) dove ogni soffio di armonica è accolto da un boato. L’esibizione volge al termine con un’altra manciata di chilometriche cavalcate elettriche ("Sedan Delivery", "Like a Hurricane", la preistorica "Mr. Soul", impossibile da non scambiare per "(I Can't Get No) Satisfaction" anche al millesimo ascolto): frammenti di un infinito assolo di chitarra iniziato quarant’anni fa e per nulla intenzionato a volgere al termine. La voce di Neil è quella di sempre, la grinta pure: cosa chiedere di più?

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