Una Donna oltre la protesta
Al Maggio Musicale inaugurazione di successo con la Donna senz’ombra di Richard Strauss
Recensione
classica
Questa Donna senz’ombra, la cui prima stava per saltare per sciopero, è poi andata in scena grazie alla mancata firma di Giorgio Napolitano al decreto che mandava in serie B il Teatro del Maggio, e si è rivelata, con il nettissimo successo finale, una scelta vincente, e, a conti fatti, uno dei migliori spettacoli delle ultime stagioni fiorentine, nonostante le turbolenze della gestazione che hanno forse impedito le rifiniture definitive prima dell’andata in scena. Zubin Mehta, che aveva capeggiato il giorno prima l’happening musicale di protesta dei suoi orchestrali, era al suo debutto in quest’opera. Circostanza insolita per i direttori ultrasettantenni che solitamente badano a circoscrivere il repertorio piuttosto che ad allargarlo, e ha impresso a questa sua prima Donna senz’ombra il consueto, generoso calore di narrazione. Com’è ormai l’uso, alla fine ha voluto con sé l’orchestra sul palcoscenico. Molto bella la messinscena di Yannis Kokkos (regìa, scene e costumi), tanto per le sue suggestioni orientali e fiabesche risolte in segni e soluzioni sapientemente definite (ricordiamo almeno la seducente foresta evocante il teatro d’ombre) quanto per l’intensità e la verità impressa alla recitazione, in particolare, delle due protagoniste, Adrienne Pieczonka (l’Imperatrice) e la possente Elena Pankratova (la moglie di Barak), voci e presenze sceniche ideali al definirsi e poi mescersi della luminosità ultraterrena della prima e della bizzarra e risentità umanità della seconda. Ma era un bel cast nel complesso, e citiamo almeno il dolente e intenso Barak di Albert Dohmen, l’Imperatore di Torsten Kerl, la Nutrice di Lioba Braun e, fra le numerosissime piccole parti, la Voce del Falco di Chen Reiss.
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