La bella Volpe di Ozawa
Ottimo successo a Firenze per il capolavoro animalista di Janacek
Recensione
classica
Era da prevedere che Seiji Ozawa, con il suo caratteristico tratto puntuto e fantasiosissimo, ci avrebbe dato una bella Piccola Volpe Astuta di Leos Janacek, e se ne è avuta conferma alla prima, al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino,via via che il direttore giapponese, sul podio di un’orchestra in ottima forma, ne realizzava le trame strumentali, i reticoli sonori delicati, improntati in questa lettura ad una sorta di danzante astrattismo (in così sorprendente contrasto con lo slancio drammatico e l’impronta naturalista dello Janacek di Jenufa e Kata Kabanova), secondo l’idea che Ozawa sembra avere di questa fiaba metafisica in cui animali e umanità sono presi nello stesso gioco, bello e crudele, del vivere e del morire e nei suoi eterni ritorni. Si potrebbero forse dare visioni, idee di messinscena più fosche, più inquiete, di quest’opera, ma Laurent Pelly, che firma regia e costumi (citiamo in particolare le deliziose fogge zoomorfe degli animali del bosco e del cortile), sceglie senz’altro una chiave abile e accattivante da bestiario fantasy, assecondato dalla gradevole e coloratissima scenografia modulare di Barbara de Limburg Stirum. Nel folto cast, puntuale ma caratterizzato da voci forse un po’ piccole per la severa acustica di questo teatro, spiccano comunque il toccante e divertente Guardiacaccia un po’ poeta di Quinn Kelsey e la Volpe scenicamente vibrante di Isabel Bayrakdarian. Ottimo successo.
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