Barenboim fra Schönberg e Beethoven
Il direttore-pianista alla Scala con un nuovo progetto.
Recensione
classica
Febbraio è il mese del Teatro alla Scala: tra recite di uno storico Tristan, l’avvio del Progetto Pollini, un concerto di Thomas Quasthoff, ora si infila anche un ciclo Beethoven-Schönberg che prevede Daniel Barenboim alle prese (in veste di direttore e solista) coi cinque concerti per pianoforte e orchestra di Beethoven abbinati a brani sinfonici di Schönberg. Insomma, alla Scala si progetta e la cosa – nel bene e nel male – riesce sempre stimolante: nel caso del secondo concerto dei cinque previsti, Barenboim ha avvicinato la Verklärte Nacht di Schönberg (nella trascrizione per orchestra d’archi) al celeberrimo Imperatore, e l’esito è stato clamoroso su più fronti. Della Notte trasfigurata, Barenboim ha sottolineato quanto la trascrizione per orchestra rimarchi ancora di più l’affinità del primo Schönberg con l’estetica post-romantica e la Vienna di inizio Ottocento: così, suoni densi, densissimi, a scandagliare fra silenzi siderali e tempi lunghi una lettura decisamente retrò, ma non per questo meno abbagliante e perfettamente eseguita.
Con Beethoven, il loggione si è scatenato con furia inaspettata: terminato il concerto, la quantità di fischi è stata decisamente importante. Possiamo condividere il fatto che Barenboim dovrebbe studiare di più quando si siede al pianoforte, e che certi passi sporchi, abbellimenti confusi, salti mancati potrebbero e dovrebbero essere suonati come scritti: ma che legato, che capacità di assottigliare il suono quando nel secondo movimento il tempo si sospende e la forma sembra sfaldarsi in un lungo, poeticissimo sogno. Piuttosto, la smisurata (a tratti ruvida) voglia di far musica del pianista lascia spesso l’orchestra spiazzata, così che gli scollamenti siano sempre dietro l’angolo. Forse, più che Beethoven, è un bellissimo Barenboim.
Interpreti: Daniel Barenboim, direttore e solista
Orchestra: Filarmonica della Scala
Direttore: Daniel Barenboim
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