Ovidio al nosocomio

Alle origini del melodramma con la Dafne di Marco da Gagliano: qualche dissenso ma un complessivo successo finale al settantesimo Maggio Musicale Fiorentino per la rilettura registica di Davide Livermore, consenso senza riserve per la conduzione musicale di Gabriel Garrido

Recensione
classica
Maggio Musicale Fiorentino Firenze
Marco Da Gagliano
01 Giugno 2007
L'Ellade diventa un convento-nosocomio sotto la guida del dottor Ovidio, Apollo è un infermiere che seda a suon di enormi iniezioni i pastori che temono mostri che forse non ci sono, è in realtà uno stupro e un omicidio - ma la cosa è suggerita in modo abile e allusivo - la metamorfosi di Dafne in alloro, annunciata da un pastore sacerdote che poi raccoglie il lamento, in realtà la confessione, del dio. Raccontata così, la regìa di Davide Livermore per la Dafne di Marco da Gagliano, al Goldoni di Firenze (purtroppo solo per due recite) per il settantesimo Maggio Musicale Fiorentino, sembrerebbe una regìa di concetto: "il mito morfina dei popoli". Per fortuna, non lo è. Venere e Amore provvedono a rimescolare le carte: Amore dardeggia addosso a tutti, dèi, poeti e suore-infermiere comprese, la follia dell'amore. Il concetto diventa così tocco registico sciolto e spesso divertente, che recupera in chiave ironica lo spirito della festa teatrale mantovana di quattro secoli fa. Alla fine qualcuno fischia, ma è una reazione isolata rispetto al gradimento complessivo della messinscena, inquadrata limpidamente nella scenografia di Santi Centineo (autore anche dei costumi in bilico fra Controriforma e Novecento), fra le pareti del convento-nosocomio in cui il tipico bugnato rinascimentale diventa l'imbottitura delle celle d'isolamento. Bene la musica, posta sotto la conduzione esperta di Gabriel Garrido (molto festeggiato alla fine), che, alla guida dell'ensemble strumentale Antonio Il Verso e del coro Costanzo Porta istruito da Antonio Greco, tornisce sapientemente, con un accordo equilibrato di aulicità e fiammeggiante vivezza, i ritmi e le frasi strumentali e corali di questa festa musicale, con una nutrita ma limpida realizzazione del basso continuo e dei ritornelli. Più deludente casomai la componente vocale solistica, imperniata su un'idea che ci è sembrata anche troppo manieristica, con i vezzi e malvezzi dei cantanti specialisti, del "recitar cantando", anche se va sottolineata la puntuale restituzione delle ardue diminuzioni vocali caratteristiche di questo stile da parte di Furio Zanasi (Apollo), e la simpatia di Venere e Amore (Giorgia Milanesi e Paola Quagliata).

Note: nuovo allestimento in coproduzione con il Teatro Ponchielli di Cremona per il Festival Monteverdi

Interpreti: Apollo Furio Zanasi, Dafne Roberta Invernizzi, Ovidio Luca Dordolo, Venere Raffaella Milanesi, Amore Paola Quagliata, Tirsi François Nicolas Geslot

Regia: Davide Livermore

Scene: Santi Centineo; Luci Pasquale Mari

Costumi: Santi Centineo

Orchestra: Ensemble Antonio Il Verso

Direttore: Gabriel Garrido

Coro: Coro Costanzo Porta

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