La chiarezza di Bruckner tra i giganti viennesi
Boulez guida gli straordinari Wiener Philharmoniker attraverso un Bruckner fin troppo moderno e antiretorico, e uno Schönberg timbricamente virtuosistico.
Recensione
classica
Si voltano l'uno verso l'altro, a due a due, e si stringono la mano, per poi ritirarsi verso le quinte commentando a mezza voce il concerto. Sono rimasti dieci minuti in piedi, sotto uno scroscio impressionante di applausi: eccoli i Wiener Philharmoniker, dei giganti. Sono loro lo spettacolo, è il loro modo di fare musica. Non è solo una questione di perfezione: i piccoli errori non sono mancati, gli scrocchi delle tube, qualche rara scivolata di intonazione, i pizzicati talvolta sfasati. È piuttosto una questione di consapevolezza, di adesione totale; la serietà dei loro volti, la tensione visibile nell'ascoltarsi a vicenda, la coscienza di essere un tutt'uno inscindibile sconcertano lo spettatore non aduso. Si potrebbe dire che intimidiscono, se non fosse per l'immenso piacere che il loro suono sa donare. La pienezza degli archi nella "Verklärte Nacht" di Schönberg è puro virtuosismo timbrico; la compattezza delle sezioni nelle salve di accordi della Settima di Bruckner dimostrava un affiatamento e un vissuto d'insieme che ha pochi eguali al mondo. Lo strumento ideale per la visione di cui Pierre Boulez è portatore. Del cambiamento che il suo grande ritorno alla direzione dimostra rispetto agli anni delle storiche incisioni CBS molto è stato detto: del suo non negarsi più al piacere dell'effetto, alle strategie della mozione degli affetti. Oggi Boulez sa essere più ironico, talvolta persino seduttore, ma rimane un direttore radicalmente antiretorico. E questo non sempre in Bruckner è un bene. Il lungo, involuto e bellissimo fraseggiare del primo tema dell'Allegro, o la geniale invenzione timbrica del tema d'attacco dell'Adagio, per esempio, mancavano totalmente di mistero, se non di fascino; ma dove Mahler si intravedeva all'orizzonte, per esempio nel secondo gruppo tematico dello Scherzo, la grazia diventava inarrivabile. L'oscuro misticismo, l'enfasi diabolica, il parossismo che si nascondono tra le note di Bruckner lo lasciano freddo: la sola epica di cui Boulez è maestro indiscusso è quella dell'uomo abbandonato dai miti e dalle speranze di redenzione, guidato da una salda, umanissima ragione, artefice di una bellezza quasi tecnologica. Il piacere che comunica è quello di un meccanismo emotivo perfetto, governato dal genio e dal mestiere. Un Bruckner modernizzato, difficile da amare ma utile per ripensare; e i più fortunati potranno farlo questa sera a Verona e nel Duomo di Pisa il 28 settembre prossimo, nelle due sole altre date italiane di questa straordinaria tournée.
Orchestra: Wiener Philharmoniker
Direttore: Pierre Boulez
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