Il piacere dell'essenzialità
Felice avvio della nuova stagione, all'insegna dell'opera che qui introdusse Wagner in Italia
Recensione
classica
Rinnovati completamente i ranghi dirigenziali (Stefano Mazzonis di Pralafera sovrintentente, Vincenzo de Vivo direttore artistico), il Teatro Comunale di Bologna inaugura la nuova stagione lirica con "Lohengrin", l'opera che proprio in questo teatro segnò il clamoroso debutto italiano di Wagner (1871) e che qui ritorna dopo trent'anni di assenza, per la prima volta in lingua originale. Lo spettacolo s'avvale di un team affiatatissimo: Daniele Abbado regista, Giacomo Andrico scenografo, Nanà Cecchi costumista, Luigi Saccomandi per le luci, Luca Scarzella responsabile dei filmati proiettati come sfondo scenografico. La lettura congiunta di tutti tende a sottrarre descrittività al testo wagneriano, attraverso una sintesi che evita ogni dispersività nei particolari. In ciò, la scelta dei materiali e il loro uso diventa fondamentale: gli ambienti chiusi sono creati da massicce quinte mobili che ampliano o delimitano gli spazi, come pareti di una gabbia; quelli aperti da pedane alzate a mo' di collina sullo sfondo; il mondo bellico medievale viene ricostruito in una modernità senza tempo; spariscono le armi, il cui ferro diviene parte integrante dei costumi, intessuto nei pesanti pastrani dei brabantini, e le aste guerriere assurgono a elemento scenografico simbolico nel primo atto, sostituite nella creazione d'ambiente da un'ampia scalinata nel secondo, da un simulacro di talamo nuziale nel terzo, mentre la pavimentazione richiama l'elemento naturale liquido e specchiante attraverso cui Lohengrin raggiunge il mondo dei mortali, per quell'incontro fra umano e spirituale destinato a fallire. Il cigno, tramite fra i due mondi, non è scenografato, ma filmato e privato della sua naturalità; le proiezioni, destinate alla parete di fondo, s'incaricano così degli elementi soprannaturali nella prima e nell'ultima scena: l'arrivo di Lohengrin, la metamorfosi di Gottfried, divenuti i due momenti più suggestivi della serata. In tale contesto di grande asciuttezza, i movimenti sono scarni, semplici, nella costante salvaguardia delle ragioni musicali, assolvendo altresì a tutti gli obblighi del dramma: un connubio perfetto fra invenzione registica e rispetto del testo inscenato. Inserendosi in tale lettura, la concertazione di Daniele Gatti asciuga del pari l'elemento esornativo di quel medioevo un po' da cartolina, fatto di squilli araldici e cori guerrieri, che pur ebbe a contribuire in misura determinante al successo dell'opera in Italia. Senza negare il giusto pathos alle grandi frasi liriche che costellano la partitura (memorabile quella al termine dell'incontro fra le due donne), l'enfasi rimane composta e contenuta dalla scelta di tempi sostanzialmente rapidi e snellenti. Dopo un inizio incerto, fra le ardue polifonie del preludio, il risultato della concertazione è in crescita continua: l'orchestra risponde bene, e così pure il coro di Piero Monti, rinforzato dal Coro Lirico Sinfonico Romano. Pregevole la compagnia di canto, parzialmente italiana (un particolare abbastanza insolito per Wagner). Impeccabile Emily Magee nel collaudato ruolo di Elsa, qualche incertezza in zona acuta per Christopoher Ventris, al suo debutto come Lohengrin, cui offre però un timbro vocale di raro fascino; generosa e possente Linda Watson come Ortrud; vocalmente più sfocato Giorgio Surian nei panni del Re. Su tutti spicca Lucio Gallo: con l'istrionismo che ben conosciamo, dà anche in questa occasione tutto sé stesso, voce e corpo, fino a isolarsi rispetto alla sobrietà dell'impostazione registica generale, solo contro il mondo. Tanta prodigalità canora non abbia a influire negativamente sui suoi preziosi mezzi vocali. Pubblico delle grandi occasioni, Presidente della Camera in testa, salutato dall'inno nazionale. Applausi calorosissimi al termine dello spettacolo, mentre fuori si consuma l'immancabile dimostrazione a latere dell'evento; ma si badi: non i tradizionali contestatori della mondanità borghese, bensì la borghesia della zona, auspicante che la radicale pulizia fatta per una sera della teppaglia e dell'accattonaggio che abita giorno e notte attorno al teatro (da anni la zona più degradata della città) non torni come prima subito dopo la "prima". I tempi cambiano.
Interpreti: Emily Magee, Christopoher Ventris, Linda Watson, Lucio Gallo, Giorgio Surian
Regia: Daniele Abbado
Scene: Giacomo Andrico
Costumi: Nanà Cecchi
Orchestra: Orchestra del Teatro Comunale
Direttore: Daniele Gatti
Coro: Coro del Teatro Comunale, Coro Lirico Sinfonico Romano
Maestro Coro: Piero Monti
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