Babilonie sul mare

Dal Salento, nuovi dischi per Bandadriatica e Officina Zoè

Articolo
world

Bandadriatica
Babilonia
Finisterre /Felmay

Officina Zoè
Mamma Sirena
AnimaMundi


Battono implacabili ed elastici come la risacca, i tempi ternari (e dispari in genere) che maneggia con disinvoltura la Bandadriatica. Ed è un bel sentire: quasi una sveglia che arriva da una parte d'Italia affacciata sull'est d'Europa che fu terra d'emigrazione, e che a sua volta ricevette ondate d'esseri umani. Il titolo scelto dal gruppo salentino è decisamente auto esplicativo, a condizione di far conto sul rovesciamento di senso che Babilonia ha nella simbologia Rasta: lì è il regno della disperata confusione di una modernità avvertita come costrizione e mancanza di spiritualità, qui è l'Adriatico, segno di una ineluttabilità di incontri fra spezzoni di culture sempre più evidente, oltre che storica. Tant'è che il brano che intitola è cantato in una "babele" di lingue. Le altre culture, qui, sono quelle turche, libanesi, armene, presenti nella carne e nei pensieri in azione di molti musicisti, nelle inflessioni, in gran parte dei profili melodici, nella scelta degli accordi.



Claudio Prima, gran voce e organetto guida con mano sicura l'ensemble di corde, percussioni e fiati in questa quarta prova discografica, scrive gran parte delle tracce, e mette in atto un'ottima scelta di ospiti: a partire dalla voce antica e giovanissima di Enza Pagliara (occhio alla ghost track!).

Restiamo in ambito salentino, a mostrare quanta bella musica contenga quella zona dura e fatata, per segnalare il ritorno discografico dell'Officina Zoé con Mamma Sirena. Alle spalle hanno la loro personale "Babilonia": il progetto Taranta Nera, con musicisti dell'area subsahariana, cresciuto di palco in palco. Il presente invece sterza di nuovo verso il Salento, ma in efficace declinazione femminile, come anche in questo caso fa intuire il bel titolo scelto, e per di più con evidente retrogusto salato. Un mare femmina e amnios, dunque, e sarà il caso di notare che Officina Zoé è ensemble perfettamente bilanciato, tra apporti femminili e maschili, nei numeri. Cinzia Marzo per anni ha indagato nei repertori che riguardano il Salento del mare, un aspetto meno evidente di quanto si potrebbe supporre, data la conformazione dei luoghi: più facile reperire brani di contadini, o comunque di gente che si allontanava dal pericolo delle coste. Ne è scaturito un polittico musicale declinato in dieci pannelli: dieci sono brani tradizionali, l'apertura è con "Mare d'Otrantu mia" di Antonio Sforza, arrangiato con saggezza da Marzo e Giorgio Doveri. Suono acustico possente e flessuoso, un'unica incursione elettrica sul citato brano iniziale, voci eccellenti.

Se hai letto questo articolo, ti potrebbero interessare anche

world

Alla scoperta di Ahmed Malek, maestro delle colonne sonore nell'Algeria post-coloniale

world

Per UlisseFest ad Ancona il supergruppo salentino: abbiamo intervistato Mauro Durante e Antonio Castrignanò

world

È morta a 87 anni Giovanna Marini: la ricordiamo riascoltando 10 sue registrazioni