In origine fu La Grenz, quattro persone riunite in un progetto musicale, una decina d'anni, fa, per raccogliere idee e musica assieme attorno a un'idea di "ladino" oltre e al di fuori da ogni campanilismo arroccato, che in genere produce solo regressivi richiami a un'età aurea di purezza mai esistita. Oggi il tutto si definisce Grenz & Friends, più di una decina di musicisti coinvolti, per meglio definire quel che resta e quel che c'è da inventare, se si vuole difendere un'identità culturale specifica della Val di Fassa tutt'altro che ammuffita.
Ecco allora che gli otto brani "ladini" di Desche la neif d'aisciuda prendono spunto e respiro dalla nuova canzone catalana, dal tropicalismo più gentile e sognante, dal jazz e dalla bossa nova: corde e voci eccellenti, per un disco che rimarrà. Nel libretto anche un racconto inedito in forma di dialogo, Na dì sa le Crepatedi, Piere dal Polver.
Le lingue diventano quattro nell'opera prima, notevole, di Franco Giordani, della Val Cellina - autore, chitarrista e specialista di corde, attivo da molti anni anche al fianco da Luigi Maieron: Giordani in In cuintre timp canta in italiano, inglese, friulano e clautano, una variante del friulano che ha diversi punti di contatto col ladino dolomitico. Tintinnano mandolini, dobro e bouzouki, fremono bassi, chitarre, armoniche e tin whistle: l'impianto sonoro è un piacevole e colto folk rock gentile, fra Americana e Irlanda, mai troppo rumoroso, sanguigno, un po' sulla scia delle Seeger Sessions springsteeniane o dei Waterboys che furono. Storie di paese, di tipi bizzarri e interessanti, di una comunità che è, inevitabilmente, specchio del mondo.
Si cambia registro stilistico, tono, contenuti, ma sempre nel segno dell'estrema cura che contraddistingue le produzioni Nota, con Un papavero rosso ogni tre metri de gran, realizzato da Gualtiero Bertelli, musicista e ricercatore, e Moira Mion, attrice, autrice di testi teatrali (e anche affabile ostessa!). Teatro -canzone, a tutti gli effetti, qui, con alternanza di parti recitate e cantate, per riannodare un filo della memoria che stava per essere abbandonato all'oblio: la memoria di Romeo Isepetto, pescatore, partigiano, una delle figure più luminose e indomite della lotta antifascista delle Tre Venezie. Attivista del partito comunista clandestino, figura carismatica e, per molti, versi, imbarazzante per lo stesso partito del dopoguerra. Una specie di Robin Hood rosso, catturato dai tedeschi, torturato, finito nel terribile campo di concentramento di Mauthausen, sopravvissuto a fame, vessazioni, privazioni, e infine scomparso nel 1947, a Giare in laguna, mentre pescava di frodo con le bombe. Forse è grazie anche a questa registrazione che oggi a Giare di Mira c'è una stele che ricorda le sue imprese ai limiti della temerarietà. Ruvido e intenso, diretto e lucidissimo, il lavoro di Bertelli e Mion, costruito con evidente spulcio di imponente documentazione, si fa ascoltare con piacere dall'inizio alla fine.