Il nuovo epistolario pucciniano

Il primo volume edito da Olschki

Articolo
classica


Giacomo Puccini. Epistolario, vol. I: 1877-1896, a cura di Gabriella Biagi Ravenni e Dieter Schickling, Firenze, Leo S. Olschki Editore, 2015, XXVI 688 pp., € 70.

Gli epistolari dei grandi del passato sono sempre oggetti affascinanti, benché defatiganti per gli studiosi che si trovano ad approntarli. Decifrare, come un detective sulle tracce della vita privata di un defunto, ogni minima allusione a fatti e persone di cui abbondano le lettere è impresa molte volte ardua; ma la lettura, poi, del prodotto finito consente quasi di ripercorrere l'esistenza del personaggio al suo fianco, con una visione dei fatti da angolazione privilegiata, che nessuno dei suoi contemporanei ha mai avuto. Se poi il personaggio è un artista, si aggiunge il gusto estetico di seguire passo passo la nascita di tanti capolavori; e se si tratta di un compositore d'opera, ai problemi creativi condivisi con librettisti ed editori si aggiungono quelli non meno affascinanti della "seconda creazione": il momento esecutivo che coinvolge impresari, cantanti, direttori e critici. Tra le iniziative editoriali più importanti del 2015 musicale va certamente annoverato l'avvio dell'epistolario pucciniano. Se la pubblicazione delle lettere di Rossini pare subire oggi un momento di sosta (Pesaro, Fondazione Rossini), se i carteggi verdiani stanno invece trovando un rinnovato impulso editoriale (Parma, Istituto nazionale di studi verdiani), la nuova iniziativa proveniente da Lucca (Centro studi Giacomo Puccini) sembra partire sotto i migliori auspici, dopo anni e anni di lavori preparatori condotti dai curatori Gabriella Biagi Ravenni e Dieter Schickling, vale a dire due fra i più attenti studiosi della biografia pucciniana degli ultimi decenni. Affidato all'editore Olschki di Firenze, il primo ponderoso volume esce all'interno della Edizione nazionale delle Opere di Giacomo Puccini, votata dunque non solo alla restituzione delle partiture musicali, ma anche di tutta la documentazione prodottasi attorno ad esse, dalle testimonianze sulla loro messa in scena (in apposita collana), alle lettere dell'autore, appunto. Lettere che in gran parte non erano affatto ignote, nelle loro grandi linee, stanti le numerose pubblicazioni parziali susseguitesi durante il secolo scorso. Tuttavia già di questo primo volume, contenente 784 documenti, oltre 150 risultavano ancora inediti, mentre altri erano stati pubblicati in forma incompleta o artatamente modificata, senza contare le tante inesattezze involontarie delle precedenti edizioni.

I criteri editoriali meticolosamente enunciati in prefazione ci assicurano invece sull'assoluta fedeltà agli originali di questa nuova impresa, che non possiamo etichettare come "definitiva" per il solo motivo che di lettere pucciniane continuano a emergerne ogni anno (appena 4000 se ne conoscevano nel 1989, più del doppio oggi) e che da questo stesso volume sono dovute rimanere esclusi alcuni testi pur noti, per esplicita richiesta degli eredi (le prime lettere frutto della relazione fra Giacomo e la futura moglie Elvira, all'epoca sposata a un altro uomo). Un'altra e più importante lacuna, rispetto ai maggiori carteggi in corso relativi agli altri operisti italiani, è l'assenza delle lettere indirizzate a Puccini, tanto più dolorosa quando si tratta delle lettere scritte dai suoi librettisti o dall'editore Ricordi durante la fase creativa delle varie opere. La mole spaventosa di materiale che si sarebbe in tal modo dovuto prendere in considerazione e le difficoltà mai risolte di accesso ai documenti conservati nella villa di Torre del Lago hanno evidentemente costretto i curatori a rimandare il completamento dell'impresa, limitandosi per ora alle sole lettere scritte dal compositore. Le quali non deludono affatto neppure sul piano stilistico, offrendoci una lettura gustosa e accattivante grazie allo stile immediato e frizzante del loro autore. Già la prima cartolina indirizzata alla madre nel 1880 - Giacomo, studente squattrinato poco più che ventenne, viveva a Milano - è un capolavoro di humor e spontaneità (anche sintattica!), nonché una miniera d'oro per lo storico della lingua:

«Carissima Mamma

Ho ricevuto la sua cartolina con risposta pagata e mi ha fatto molto piacere specialmente la risposta pagata perché ho la stoja. L'esame come già le ho scritto è andato bene e giusto stamattina sono stato al Conservatorio e ho veduto che sono stato il migliore di tutti, modestia a parte; Però ci è sempre un pelo: mi ha detto Bazzini che vi è la questione dell'età ma ha detto il direttore Ronchetti che saranno scelti i migliori esaminati allora spero bene tanto più che mi ha detto il direttore che sull'età ci passeranno sopra visto che ho compiuti gli studi. Sono stato dal sarto a provarmi il vestito ed è bellissimo: I pantaloni costano £ 30 di staccatura. Quando sarà finito andrò dalla Sig: Lucca mi ci vogliono le scarpe fine per ora son molto taneo. Le lezioni cominciano il 16. Il certificato non lo ho ricevuto».

Poi, esaurita la cronaca dei fatti, cominciano le parole in libertà (anche sulla pagina, scritte senza ordine negli spazi liberi della cartolina postale), da cui emergono esclamazioni vivaci, da «Mangio male» a «come è bella Milano e che giovinezza!!», dall'irritato «custode ladro porco» all'entusiasta «ieri sono andato a Monza col tranvai». La resa della disposizione grafica dei testi è stato uno dei cimenti maggiori per i curatori, là dove l'immagine degli originali era carica di senso non meno del contenuto. Alle forme epistolari si affiancano infatti con una certa frequenza testi poetici (resi secondo le rispettive esigenze), esempi musicali (trascritti modernamente) e tanti disegni (riprodotti in forma anastatica). Le note di commento sono asciutte ed essenziali; la disposizione dei testi chiara e accurata. Un ottimo inizio, insomma, per questo primo massiccio volume che si spinge fino al 1896, l'anno della Bohème.

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