Tutta la musica folk

Goffredo Plastino firma per il Saggiatore la curatela di un libro "definitivo" sul folk revival in Italia

La musica folk Plastino
Il secondo Folk Festival di Torino (1966)
Articolo
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La musica folk
a cura di Goffredo Plastino
Milano, il Saggiatore 2016, 1282 pp, € 49.

Ci sono testi che, a soppesarli tra le mani, o anche solo a scorgerne il dorso in libreria, valutando l’eventuale acquisto, lasciano piuttosto intimiditi. La soglia delle mille pagine (e oltre) è forse un vezzo acquisito per la narrativa italiana degli ultimi anni, ma per la saggistica le cose non vanno così.

Dunque, adocchiare o soprattutto girarsi tra le mani le milleduecentottantadue pagine di La musica folk può essere oggettivamente preoccupante: uno potrebbe pensare che mai e poi mai affronterà la lettura sistematica di cotanta mole. Libro per gli addetti ai lavori. Poi lo apri, quel testo, per legittimo interesse nelle faccende delle quali si va a trattare, e va a finire che quanto appariva aprioristicamente non affrontabile diventa come la voce calda di un buon amico che ne sa parecchio più di te su un argomento, e vale la pena ascoltare con attenzione. Magari per un po’ di giorni di fila, gustandosi approfondimenti ma anche libere divagazioni, accenni volanti e precisazioni piombate, architravi di ogni ulteriore ragionamento. Non tutto e subito: servono giuste dosi di carotaggio nelle abissali profondità cartacee, prendendosi tutto il tempo necessario, e magari, anche, saltabeccando qui e là, facendosi guidare da un proprio “indice mentale”. Con La musica folk Goffredo Plastino ha forse pubblicato il libro della vita, il contenitore più imponente, più utile, e al contempo aperto verso ogni ulteriore indagine. Ricapitoliamo qui qualche dato sullo studioso, che oltre alla (immaginiamo assai impegnativa) curatela e coordinamento di tutta l’opera firma anche parecchi saggi.

Plastino è docente di etnomusicologia all’Università di Newcastle, ed è presidente dell’International Association for the Study of Popular Music: dunque una mente in bilico tra ricognizioni “trad” e quella complessa rete di fenomeni che spesso partono da una qualche “tradizione”, ma si misurano anche (e necessariamente) con il mondo del mercato e del consumo, pur essendo spesso “oggetti d’arte”. In italiano non c’è, notoriamente, una parola che renda il concetto di “popular”, e la confusione mediatica è grande, con la sbrigativa e pessima abitudine di rendere “popular” con “popolare”.

Non sembri una digressione a latere e per puro spirito di polemica, quest’ultima: si va a ribadire invece che anche molti dei musicisti che troverete qui, nella gran mole di La musica folk sono anche a pieno titolo artisti “popular”: dai Re Niliu (di cui Plastino fu membro attivo nei primi anni della loro storia) a Riccardo Tesi, per capirci, e oltre, fino a Filippo Gambetta. Dunque il testo è fondamentale anche per chi frequenti tali assai affollati margini creativi che passano per la rete o per i residui negozi di dischi. Folk “progressivo”, insomma, come si diceva un tempo, mentre poi la definizione s’è diluita e come smarrita nel mare magnum della world music. Ma questa, come si suol dire, è un’altra storia.

A questo punto sarà anche opportuno fornire una ulteriore bussola per orientarsi nelle digressioni ai quattro punti cardinali de La musica folk: il sottotitolo recita, preciso: Storie, protagonisti e documenti del revival in Italia: dunque il ponderoso testo affronta, con fuochi tematici moltiplicati, fenomeni che cronologicamente si assestano su un asse temporale compreso tra gli anni Sessanta e i Settanta, anche se strascichi significativi dei dibattiti e delle ragioni di quegli anni si ritroveranno nel decennio successivo, e a tutt’oggi – naturalmente mutatis mutandis, perché nel frattempo è cambiato il mondo, anche se alcuni musicisti e studiosi della contemporaneità “folk” in quegli anni hanno radici di pensiero e azione.

Molti momenti in cui l’azione è scaturita direttamente dalla riflessione teorica e dalla pratica, sul campo, sono riportati in originale: il che aiuta anche a storicizzare errori di valutazione, omissioni, o al contrario valutazioni apodittiche e selettive (ma tutte le scelte lo sono) che nel dipanarsi degli anni sono diventate questioni problematiche. Il grande testo si articolo in tre grandi partizioni principali: la prima dà conto di Analisi, dibattiti, interventi, polemiche (1963-1984), la seconda affronta Conversazioni, rassegne, recensioni, testimonianze (1964-2015), la terza è intitolata, genericamente, Saggi. Al tutto è aggiunta una sezione iconografica, Immagini, cantanti e musicisti (1965-2015), e una parte ulteriore, Geografie e storie sul folk revival in alcune regioni, disponibile gratuitamente online sul sito de il Saggiatore.

Nell’impossibilità di dar conto anche sommariamente della stratificazione di apporti che, tutti assieme, (ri)costruiscono il grande quadro in movimento, indicheremo qualche percorso, in ordine rigorosamente sparso: Ad esempio quello di Cesare Bermani e Dario Fo su Ci ragiono e ci canto, snodo essenziale del folk revival, o la lunga, documentatissima sezione curata da Jacopo Tomatis (firma che i lettori del “giornale della musica” ben conoscono) sull’approdo del folk a Canzonissima nel 1974, fatto che scatenò infinite polemiche, prese di posizione, analisi, distinguo. Lo stesso giornalista e ricercatore ricompare nella bella e sostanziosa intervista curata assieme a Plastino stesso e Franco Fabbri a Giovanna Marini, una conversazione nella quale la leggendaria “donna colta” del folk revival puntualizza con acume tratti essenziali del suo (e altrui) lungo viaggio musicale.

Insomma, non tutto, come si suol dire, ma di tutto: nella speranza che, in futuro, la grande opera possa essere riproposta anche divisa in più volumi. Si perderebbe in unitarietà di sguardo sinottico, si guadagnerebbe in maneggevolezza.

La musica folk

 

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