Roberta Alloisio, cuore argentino di Genova

Addio alla cantante e attrice, scomparsa improvvisamente a 53 anni

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Se n'è andata di botto. Lasciando attonite tutte le persone, e sono moltissime, più stupite e incredule che addolorate. Per il dolore ci sarà tempo. Sparita, con uno di quei colpi di teatro che conosceva così bene, da esperta signora dei palcoscenici, e che non avremmo mai voluto vedere.

Se n'è andata a cinquantatré anni, e dopo quattro decenni fitti di canzoni, parti recitate, idee e progetti sempre esposti con un sorriso radiante che avrebbe disarmato un talebano. Se n'è andata Roberta Alloisio, cuore argentino e charmant di una Genova della musica che troppo spesso appare musona e un po' ostica, chiusa com'è nelle asprezze di una lingua che non fa sconti a nessuno, e di cui la figura più appropriata è quel “cerchio chiuso” di cantori che intonano il trallalero, e che si libera solo nel gioco di armonici che sgorga dal canto.

Roberta se n'è andata da un’altra parte, a portare la sua pila di sassi e cocci luccicanti su quella mulattiera di mare in continua costruzione, quella crêuza dove puoi trovare un Tenco sorridente e un Faber con la chitarra sempre in mano, appena dove finiscono le sue dita di cesellatore. Ci piace ricordarla esattamente com’era: vulcanica e animata da un'energia incontenibile, sempre un passo avanti a chi la voleva chiudere in un'etichetta stantia e riduttiva, fosse anche quanto per molte è un sogno, “cantautrice”. Era molto di più, Roberta, e lo spessore immediatamente avvertibile della donna vera che c’era dentro il personaggio che calcava i palchi aveva il primo posto: ironica e autoironica, sorridente e radiosa sempre pronta a cogliere uno spunto, un’ipotesi di lavoro, un suggerimento con occhi e orecchie intelligenti. Lasciava meditare le idee per un po’, poi partiva all’attacco della bellezza e scaturiva il disco, lo spettacolo, il progetto. L’ultimo, che ha fatto appena in tempo a concretizzare, mentre scorrevano gli ultimi granelli di sabbia della sua clessidra, si intitola Luigi, ed è una rilettura del canzoniere di Tenco fatta accanto al maestro delle corde Armando Corsi che, all’ascolto, ci restituisce una figura sfaccettata, complessa, il rovescio del cliché posticcio e insistente del “Tenco triste”.

La luce della voce di Roberta aveva saputo trovare altri angoli nascosti. Prima c’era stato Xena Tango, dedicato a quegli “italiani d’Argentina” che hanno costruito il tango. E lì c’erano Walter Rios e Luis Bacalov, e un ponte di note liquide e passionali lungo migliaia di chilometri. Lengua serpentina e Janua erano invece andati a toccare la polpa viva della “tradizione” ligure, indagini in profondità che restituivano leggerezza fatata a materiali complessi, affrontati in un caso accanto all’Orchestra Bailam, esplosivo e barricadiero ensemble veterano della world music in salsa mediorientale, e nell’altro con l’aiuto prezioso di Fabio Vernizzi, un jazzista che spesso ama accarezzare l’eresia di altre note, e altri grandi: Marco Fadda, Marco Beasley, Mario Arcari.

C’era poi la Roberta Alloisio del teatro, e lì bisognerebbe rincorrere un’arcata d’anni che copre quattro decenni, perché lei su un palco di musica e di parole ci si trovò a tredici anni, accanto a Gian Piero Alloisio, il fratello che aveva strutturato l’Assemblea Musicale e Teatrale. Un inizio profetico, perché da lì in avanti Roberta si sarebbe ritrovata sulle quinte come attrice centinaia di volte, magari accanto al fido e inarrestabile Don Gallo a parlare dell’ “esistenza, soffio che ha fame”...

La foto in apertura è di Giovanna Cavallo.

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