Le tredici sfumature di nero di Jamila Woods
LEGACY! LEGACY! di Jamila Woods è un affascinante affresco della cultura afroamericana, con qualcosa di Erykah Badu o della migliore Lauryn Hill
Reclama a caratteri maiuscoli un’eredità il titolo del secondo album realizzato dalla ventinovenne artista di Chicago Jamila Woods, dov’è altresì attiva in veste di educatrice nell’associazione Young Chicago Authors.
Prima che compositrice e cantante, Jamila Woods è del resto poetessa, avendo pubblicato a inizio decennio i propri versi in alcuni volumi antologici. Sul piano musicale, invece, aveva avuto visibilità collaborando con il concittadino Chance The Rapper, per esordire poi da solista nel 2016 con HEAVN.
Il solco tracciato allora si situava al crocevia tra soul, R&B, jazz e hip hop, e in questo senso il nuovo lavoro non si discosta in misura significativa dal precedente, perfezionandone semmai l’identità in termini formali. È viceversa l’ampiezza della visione che sostiene l’opera a condurre Jamila Woods a un livello molto più elevato: si tratta infatti di un affresco raffigurante le stelle polari cui riferisce il suo percorso culturale, 13 in tutto, una per ciascun brano del disco.
Troviamo ovviamente qualche colosso della black music: “MUDDY” (Waters), onorato in un cupo funk screziato di blues, “SUN RA” e “MILES”, in un episodio al sapore di Bitches Brew, benché in sequenza dei Davis compaia anzitutto – addirittura nell’incipit – la vulcanica “BETTY”, che la ispira a cantare con fierezza “Non sono la tua solita ragazza”. È una delle icone femminili chiamate in causa cammin facendo: ecco dunque “FRIDA” (Kahlo) ed “EARTHA” (Kitt), dalla quale trae spunto per affermare “Non voglio fare compromessi, riusciremo a superare la notte”.
La portata afroamericana e femminista dei contenuti esposti risalta quando vengono celebrati personaggi meno appariscenti: le poetesse “SONIA” (Sanchez) e (Nikki) “GIOVANNI”, soggetti di due fra i momenti culminanti della raccolta, tanto in chiave narrativa (“La mia bisnonna nacque schiava, ottenne la libertà in vista della tomba, a chi dici come comportarsi? Sto cercando di perdonare, ma non posso dimenticare”, recita il primo) quanto per il semplice piacere d’ascolto (nell’altro è ammirevole la combinazione fra la sensuale fluidità del groove e la disinvoltura interpretativa della protagonista, degna di Erykah Badu o della migliore Lauryn Hill).
Muovendosi tra arte figurativa (“BASQUIAT”) e letteratura (“BALDWIN”), Jamila Woods definisce i contorni di una personalità matura, capace d’intercettare gli insegnamenti della scrittrice di fantascienza “OCTAVIA” Butler e dell’antropologa “ZORA” Neale Hurston (pensando a lei intona: “La paura non è un modo di vivere”).
Nell’insieme LEGACY! LEGACY! si rivela così un album di straordinaria consistenza, eppure gradevolissimo, al tempo stesso classico e attuale: pressoché impeccabile insomma.