Le metamorfosi del tempo secondo Carlo Alessandro Landini
Esce per Stradivarius l’incisione di Changes a opera del Quartetto Arditti, nell’agosto del 1994 a Darmstadt
Con il suo inevitabile (o inesorabile) scorrere, il tempo può regalare anche la sorpresa di prospettive più limpide, decantate, ripulite dalle concrezioni proprie della dimensione contingente, offrendo allo sguardo la visione dell’essenza di una forma, di un evento, di un’opera. In questo quadro pare collocarsi il quartetto per archi Changes di Carlo Alessandro Landini – composizione scritta tra il 1989 e l’anno successivo – a giudicare da quanto emerge da questo disco pubblicato da Stradivarius, con l'incisione del Quartetto Arditti.
L’ascolto odierno di quest’opera la restituisce attraverso una luce che pare distillare il complesso ordito compositivo che ne determina il recinto strutturale, declinandone i quasi quaranta minuti di sviluppo in un concatenarsi di tensioni timbriche e dilatazioni armonico-temporali che fluiscono attraverso un continuum senza soluzione di continuità. Complice di questa impressione di pregnante densità strutturale – compatta e piena al tempo stesso – l’eccellente esecuzione del quartetto guidato da Irvine Arditti, nelle cui fila qui troviamo David Alberman al secondo violino oltre alla viola di Garth Knox e al violoncello di Rohan de Saram – vale a dire una delle incarnazioni più efficaci della storica formazione del violinista londinese – protagonisti di questa registrazione effettuata nell’agosto del 1994 a Darmstadt.
Data e luogo della ripresa fonografica non sono naturalmente indifferenti e ci raccontano di una stagione creativa che ha visto Landini confrontarsi, direttamente o indirettamente, con le frange più attive dell’avanguardia musicale europea di quegli anni. Nel suo vivace e articolato percorso artistico – dopo i primi studi tra Milano e Parigi è stato allievo, tra gli altri, di Franco Donatoni, György Ligety e Iannis Xenakis, trascorrendo inoltre due anni alla University of California a San Diego dopo essersi aggiudicato il “Fullbright Award” nel 1981 – il compositore milanese ha infatti frequentato in cinque occasioni, tra il 1978 e il 2010, i Ferienkurse di Darmstadt, e questo quartetto si colloca appunto al centro di questo percorso.
Ascoltata oggi, lontano quindi dalle impellenze comparative degli anni della sua creazione, questa pagina rivela quella sensibilità nei confronti della combinazione – o meglio, della “organizzazione” – delle componenti melodiche, armoniche e timbriche dal un lato e della loro collocazione nel tempo dall’altro, che condurrà il compositore a indagare questi stessi parametri – e le conseguenti implicazioni estetiche della loro messa in relazione – soprattutto nella sua produzione successiva, arrivando al traguardo (o nuova ripartenza?) rappresentato dalla sua Sonata n. 5 (2015) dedicata al pianista Massimiliano Damerini, pagina che contempla una durata che arriva fino alle sette ore. Ma non è tanto la dilatazione del tempo, o la sua occupazione per così dire “sonora”, che emerge da Changes, bensì la condensata alchimia timbrica che, con il ponderato sviluppo delle sue molteplici metamorfosi, tra raggrumarsi di cluster e dipanarsi di tese e trasparenti aperture, abita con i suoi costanti “cambiamenti” il tempo stesso di questa intensa esecuzione.
Caratteri che richiamano significativamente quanto lo stesso Landini ha riportato proprio in merito alla sua quinta Sonata in uno scritto pubblicato sulla rivista «De Musica» (2015: XIX, pp. 63-79), confermando la sua precipua connotazione di compositore-intellettuale: «La creazione artistica è – lo si ricordi – un processo sempre dialettico e aperto, essa non è mai unidirezionale. Solo un ascolto rilassato e un suono davvero e in tutti i sensi lento e meditato sono in grado di far imboccare all’ascoltatore la via che lo condurrà a un piacere e ad un arricchimento illimitati».