Le canzoni “per” e “di” Enrico Caruso

Con un nuovo doppio CD Mark Milhofer e Marco Scolastra omaggiano Caruso a 150 anni dalla nascita

Mark Milhofer e Marco Scolastra
Mark Milhofer e Marco Scolastra
Disco
classica
Mark Milhofer tenore - Marco Scolastra pianoforte
Enrico Caruso – His Songs composed for him and by him
Urania Records
2023

È questo un periodo di straordinario interesse verso la figura di Enrico Caruso. Dopo le celebrazioni del 2021, in occasione del centenario della morte, di cui si è parlato anche in queste pagine, il 2023 dà lo spunto per continuare a rendere omaggio al più grande tenore di tutti i tempi per i centocinquant’anni dalla nascita. La ricorrenza è festeggiata con l’uscita per Urania Records del doppio CD del tenore Mark Milhofer e del pianista Marco Scolastra che hanno inciso nella villa Bellosguardo a Lastra a Signa, vicino Firenze, appartenuta a Caruso, le canzoni scritte da Caruso e per Caruso, alcune delle quali in prima registrazione assoluta. Queste incisioni vanno a completare la discografia sul tenore già molto ben rappresentata dal cofanetto di 12 CD della Naxos che contiene tutte le sue registrazioni, tra cui molti estratti di opere (Enrico Caruso, The Complete Recordings, 1902-1920) sovrapponendosi solo per una decina di brani.

Scritte tra il 1907 e il 1919, per le nove canzoni composte di suo pugno in realtà Caruso si avvalse della collaborazione di altri musicisti: come ebbe a dire in una intervista al New York Times nel 1912, si limitava a inventare la melodia e quindi chiamava i suoi amici Barthelemy o Van Praag per l’armonizzazione e l’orchestrazione, che non era in grado di fare. In un’altra intervista del 1914 racconta poi di aver inventato delle melodie, così, per ammazzare il tempo nei momenti in cui non era in scena, suonandole con un solo dito sul pianoforte del camerino del teatro. Questi ed altri gustosi aneddoti vengono raccontati nel ricchissimo booklet, a cura di Mark Milhofer, che accompagna i CD: tra gli altri, uno racconta dei gargarismi  durante la registrazione di  Dreams of long ago, chinando la testa sotto  il corno per non farne captare il rumore, approfittando degli interludi dell’orchestra; un altro, ancora più macchiettistico, dello spartito che appiccicò alla schiena del soprano nel finale della Manon pucciniana perché per via delle poche prove non si sentiva sicuro nella propria parte, con il risultato che la povera cantante poteva muoversi a malapena e di conseguenza ‘moriva male’. Per due delle nove canzoni Caruso scrisse solo il testo; per una sola – Tiempo antico – sia la musica che le parole; alcune canzoni sono poi in prima registrazione assoluta, scovate manoscritte nel fondo musicale che la seconda moglie del tenore, Dorothy, donò al Peabody Institute di Baltimora poco prima di morire.

I dischi e il booklet che li accompagna sono frutto di anni di ricerca e studio su autografi, manoscritti, incisioni storiche e pubblicazioni d’epoca (recensioni, interviste, articoli) da parte di Milhofer, grande ammiratore e studioso del tenore napoletano. Tra le novanta canzoni  dedicate a Caruso da lui rinvenute è stata operata una selezione, tanto che nel disco ne sono presentate trentanove, escludendo molte di quelle che lo stesso Caruso aveva inciso (ma senza rinunciare a dei cult come Mattinata o Core ‘ngrato): sono pezzi scritti appositamente per lui dai suoi contemporanei, di cui viene spesso data una breve biografia:  amici (Tosti, Tirindelli, Buzzi-Peccia)  colleghi (il baritono Antonio Pini-Corsi e il direttore d’orchestra Leopoldo Mugnone), varie ammiratrici (Josephine Uterhart, Natalie Townsend, Mary Helen Brown e Ariadne Holmes Edwards) e persino il suo suggeritore quando cantava in Messico (Luis Mendoza Lopez). Sono brani di fattura anche molto diversa, da quelli di natura per così dire amatoriale, a quelli spagnoleggianti, fino alle canzoni napoletane, che affrontano i consueti temi dell’abbandono e della perdita con toni tra il malinconico e il passionale e le tipiche oscillazioni tra maggiore e minore. Ma sono presenti anche deliziose mélodies francesi e romanze da salotto di concezione artistica più complessa, come quelle firmate da Ruggero Leoncavallo, Francesco Paolo Tosti o Enrico Leboffe, compositore quest’ultimo caduto nell’oblio perché considerato troppo difficile dai suoi contemporanei, autore anche di brani pianistici, orchestrali e di un’opera. Di Leboffe è presentato un ciclo di quattro canzoni del 1906, Madrigali d’aprile, su testi di Eduardo Pedio, in prima registrazione assoluta: molto raffinati nella linea melodica e nell’accompagnamento pianistico, questi brani in forma aperta rimandano alle sonorità di Debussy e al declamato pucciniano.

I testi sono in diverse lingue, in prevalenza italiano, ma anche francese, inglese, spagnolo e napoletano, e in qualche caso si aprono alla grande letteratura, con Salvatore Di Giacomo (No, nun di ca’ so stato) Ada Negri (Portami via) ma anche Heinrich Heine (Je te vois en rêve, versione francese di Allnächtlich im Traume seh' ich dich, musicata anche da Schumann e Mendelssohn) e Alphonse-Marie Lamartine (Le livre de la vie).

Artista molto versatile, capace di passare da Cavalli a Britten, Mark Milhofer interpreta questo repertorio così variegato per stile e accenti con eleganza e raffinatezza, senza eccedere nelle pieghe passionali e patetiche, con voce dal timbro caldo e flessibile e con chiarissima dizione in tutte le lingue. Ottima la simbiosi con il pianista Marco Scolastra che lo asseconda sempre nelle scelte interpretative e che suona uno Steinway D-274. Ottima anche la qualità della registrazione.

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