L’ANIMA di Thom Yorke
ANIMA è il terzo album del cantante e chitarrista dei Radiohead: il suo migliore da solista
Per addentrarsi nel terzo lavoro da solista di Thom Yorke – al momento in versione incorporea, diverrà oggetto fisico in concomitanza con le date italiane previste nella seconda metà di luglio – la via migliore è il costoso biglietto da visita dell’opera, targato Netflix: un cortometraggio di un quarto d’ora costruito dal regista di fiducia Paul Thomas Anderson (sovente affiancato al cinema dall’altro Radiohead Jonny Greenwood).
Comincia in metro, con un paesaggio umano di sonnolenta alienazione, e termina di notte a Praga, a bordo di un tram: nell’iniziale atmosfera claustrofobica da distopia fantascientifica («È molto Ballard», ha detto l’autore, riferendosi al disco, in un’intervista concessa a «Crack Magazine» nell’aprile scorso, pochi giorni dopo lo sconfinamento accademico al Barbican in trio con le sorelle Labèque) s’insinua la trama di un incontro romantico fra i personaggi interpretati da Yorke stesso e la sua compagna, l’attrice italiana Dajana Roncione, che prende forma attraverso le coreografie “avant-dance” firmate da Damien Jalet (già responsabile di quelle per Suspiria di Luca Guadagnino, di cui l’artista inglese ha composto la colonna sonora).
Dunque, volendone ricavare una morale: al desolante habitat del nostro tempo, fra incipienti disastri climatici e asservimento dell’intelligenza al Moloch digitale, sembra opporsi l’amore. Anche se forse è soltanto un sogno. Poiché, spiegava ancora l’interessato, centro filosofico dell’intero costrutto è la psicologica junghiana, dove l’anima rappresenta l’identità inconscia, opposta all’animus visibile.
Così è intitolato del resto l’album, introdotto da una campagna di marketing nella Subway londinese di una fittizia azienda chiamata appunto ANIMA Technologies, specializzata in apparecchiature in grado di captare e immagazzinare la dimensione onirica. Soggetto ambiziosissimo, pertanto sdrucciolevole. E sì che Yorke potrebbe riposare comodamente sugli allori: per dire, giusto a marzo è stato ammesso insieme alla band nella Rock’n’Roll Hall of Fame. A cinquant'anni continua a essere viceversa ostaggio dell’irrequietezza: considera fonte creativa l’ansietà e notoriamente ostenta impulsi da attivista. In “Traffic”, brano incaricato di aprire la sequenza, canta ad esempio: “Foie gras, un muro di mattoni, ma siete liberi”. È l’episodio centrale del trittico affidato ad Anderson, preceduto da “Not the News”, il cui testo sbotta a un certo punto, con malcelata ironia: “Maledette macchine, perché non mi parlate? Un giorno vi demolirò con un’ascia”.
Chiude invece il film “Dawn Chorus”, che per intensità e valore assoluto costituisce il cuore della messinscena: ballata malinconica dal fascino sublime (“Credo mi manchi qualcosa, ma non sono sicuro cosa sia”) che sviluppa un leggendario pezzo inedito dei Radiohead, poco più di un provino da soundcheck una decina di anni fa, poi intestazione della compagnia fondata per distribuire A Moon Shaped Pool, a oggi ultimo passaggio discografico del quintetto.
Analogamente ai due capitoli antecedenti, ANIMA diverge dal solco della formazione madre per l’ampio utilizzo del fattore elettronico (su canovaccio in stile Warp, fra Aphex Twin e Flying Lotus, con inserti di “hardcore continuum” alla Burial prima maniera), divenendone una sorta di alter ego.
Prodotto come The Eraser (2006) e Tomorrow’s Modern Boxes (2014) da Nigel Godrich, suo complice inoltre nel supergruppo Atoms For Peace, l’album si avvale di rari contributi da parte di strumenti tradizionali (le batterie dell’altro Radiohead Phil Selway e di Joey Waronker, anch’egli “atomico” e “pacifista”, nonché gli archi della London Contemporary Orchestra) e nel complesso risalta quale atto maggiormente compiuto nel percorso individuale di Thom Yorke, che qui trova persino l’occasione di dichiararsi maleducato, nell’esplicita “I Am a Very Rude Person”: “Adesso spaccherò i vostri giradischi, così vedrò morire la vostra festa”, perché “devo trovare una via di fuga” e “la mia strada nell’oscurità”, siccome “devo distruggere per creare”.