Keeley Forsyth, canzoni tra le macerie

Debris è l’impressionante esordio discografico dell’attrice inglese Keeley Forsyth, tra Nico e Scott Walker

Keeley Forsyth
Keeley Forsyth
Disco
pop
Keeley Forsyth
Debris
Leaf Label
2020

Che il buonumore stia da un’altra parte è chiaro fin dall’intestazione del primo disco dell'inglese Keeley Forsyth: Debris, “macerie”. Presentando gli otto brani inclusi nel disco, lei stessa li ha paragonati del resto a “blocchi di metallo che cadono dal cielo”: non esattamente un facile ascolto, insomma.

Prima di esprimersi pubblicamente in questo ambito, la quarantunenne artista britannica si era affermata – fin dall’adolescenza – come attrice, soprattutto da serie televisive, custodendo l’inclinazione musicale nella sfera privata. A sbloccare la situazione è stato un collasso emotivo subito qualche anno fa, arrivando sull’orlo del crollo mentale: “È così la follia?”, mormora al principio di “Lost”, l’episodio più apertamente confessionale di un’opera che fin dall’apertura, affidata alla dolente ballata da cui prende titolo, nulla fa per nascondere le cicatrici di quell’esperienza dolorosa.

Il tono è mesto, affine allo stile austero di certe composizioni mature di Scott Walker. E per altri versi torna in mente Nico: non a caso, i provini originari erano stati registrati su scala domestica accompagnandosi all’armonium. Lo strumento riaffiora qui e là nel corso dell’album, ad esempio in “Butterfly”, che insieme a “Black Bull” e “Large Oak” contribuisce a definirne l’identità: orchestrazioni minime a base di archi, pianoforte e chitarra acustica (curate dal compagno di etichetta Matthew Bourne con l’ausilio di Mark Creswell e Sam Hobbs), dove il silenzio conta quanto il suono nella costruzione del fondale che accoglie la voce da contralto della protagonista. Fa eccezione, in chiusura, “Start Again”: su un ombroso groove elettronico scorre una melodia quasi pop chiamata a descrivere appunto la sensazione di un “nuovo inizio”.

Accade tutto in 28 minuti scarsi, ma di tale intensità da far sembrare quel tempo dilatato, essendo Debris un disco a cuore aperto, riempito di musica creata con intenzione terapeutica: davvero impressionante, perciò. E sarà interessante osservare come l’avventura di Kelley Forsyth evolverà da questo momento in poi, visto il suo proposito di portare le canzoni dal vivo in forma di spettacolo più che semplice concerto, mettendo a frutto – oltre alle rodate capacità recitative – gli studi di danza (ecco perché indica nella coreografa Pina Bausch la propria fonte principale d’ispirazione artistica) e avvalendosi dell’intervento in fase di progettazione dei film-maker connazionali Iain Forsyth e Jane Pollard, autori del lungometraggio su e con Nick Cave 20.000 Days on Earth.

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

pop

La prima da solista di Kim Deal

Nobody Loves You More è il primo album dell’icona femminile dell’indie rock statunitense

Alberto Campo
pop

L'album di famiglia di Laura Marling

Il nuovo disco della cantautrice inglese Laura Marling nasce dall’esperienza della maternità

Alberto Campo
pop

Godspeed You! Black Emperor: un requiem per Gaza

Il nuovo lavoro della band canadese è ispirato al dramma del popolo palestinese

Alberto Campo